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Fuga dalle candidature, il centrodestra non riesce a trovare l'anti-Raggi

Pietro De Leo
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Non è ancora rosso, ma l’allarme c’è. È sui dossier amministrative in cui il centrodestra è in assetto da riunione di condominio e su Roma e Milano al momento è tutto in alto mare, tra rivendicazioni reciproche e candidati messi sul ballatoio della cronaca pubblica per settimane, con l’esito fisiologico di bruciarli.

 

 

 

Nella giornata di ieri, il refrain del leader della Lega Matteo Salvini è stato più o meno questo: «Io lavoro per unire mentre altri smontano». A Porta a Porta, poi, ha detto: «Ci riuniremo e troveremo la soluzione». Tutto questo al termine di una giornata che si era aperta nel modo peggiore su Milano, con una lunga lettera di Gabriele Albertini a Libero in cui l’ex Primo Cittadino della città, in carica per due mandati a cavallo tra gli anni ’90 e il nuovo secolo, ha detto il suo «no grazie». La motivazione espressa è stata il non voler compromettere la propria vita familiare in un impegno totalizzante. Ma il contorno politico attorno alla sua candidatura non è stato mai facile. Albertini fu uno degli alfieri del buongoverno locale della primissima Forza Italia, eppure oggi era sostenuto con molto entusiasmo da Salvini, un po’ meno da Forza Italia mentre Fratelli d’Italia è rimasta assai fredda, tendente al pollice verso. Per settimane l’impasse non si è sbloccata, così Albertini si è elegantemente sfilato. E mentre anche Letizia Moratti (anche lei ex sindaco) ha rivelato di esser stata contattata per la corsa e di aver rifiutato, un altro nome sul tavolo sembra quello di Maurizio Lupi (circolò anche cinque anni fa, ma poi la coalizione converse su Stefano Parisi). L’ex ministro, parlando con la «Dire», ha fornito sul punto una posizione oggettiva e interlocutoria: «Si risponde a una domanda che c’è. Quando non c’è una domanda non si risponde».

Se nel cuore economico del Paese la situazione è questa, non va meglio a Roma. A questo proposito, Salvini ha affermato: «Se tu mi dici no a Bertolaso, io non da segretario della Lega ma da cittadino romano o da elettore del centrodestra mi aspetto che tu mi dica "no Bertolaso perché mi sta antipatico, vorrei X". Non puoi dire no a questo o a quest’altro». Il riferimento è alle perplessità di Fratelli d’Italia sull’ex capo della Protezione Civile, invece sostenuto fortemente dalla Lega e da Forza Italia. Dal suo canto, Bertolaso continua a dire di no, e l’ha ripetuto l’ultima volta tre giorni fa in un’intervista al Corriere della Sera. Ma non è completamente escluso che se la coalizione dovesse chiudere sul suo nome poi possa ripensarci. Ma è uno scenario complesso, in cui il nome di Giorgia Meloni potrebbe essere la carta-jolly per mettere tutti d’accordo. «C'è un sacco di gente che mi vorrebbe candidata, tendenzialmente tutti quelli che mi vorrebbero togliere dalle scatole», ha detto lei qualche giorno fa, respingendo l’ipotesi.

 

 

 

Sul dibattito interviene anche un pool di movimenti culturali di destra, rappresentati in una nota congiunta da Domenico Gramazio, presidente della fondazione Rivolta Ideale, ed Adalberto Baldoni, presidente della Commissione politico culturale del Cis: Giorgia Meloni, scrivono, “è una leader del centrodestra a livello nazionale per cui è doveroso si preoccupi dell’opposizione al governo nella difficile situazione economica. Per Roma occorre un candidato che lavori a tempo pieno per la città».

E un altro, possibile identikit comincia a delinearsi nei rumors, ed è quello di Maurizio Gasparri, attuale coordinatore romano di Forza Italia. In queste settimane percorre palmo palmo la città incontrando attivisti e associazioni, ed un paio di mesi fa ha presentato un dettagliatissimo volume di proposte su tutti gli aspetti amministrativi. E può vantare ottimi rapporti con gli alleati. La strada per un accordo politico, in ogni caso, è ancora assai lunga.

 

 

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