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Caos magistratura, è ora che i giudici facciano pulizia

Roberto Di Valsassina
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Gentile Direttore, Luca Palamara è stato radiato dalla magistratura ed è sotto processo a Perugia per capi di imputazione continuamente modificati. Certo, le Sezioni Unite civili della Cassazione potranno accogliere il suo ricorso (solo perché nella sezione disciplinare vi era Davigo, sentito come persona informata sui fatti dalla Procura di Perugia su uno dei capi di incolpazione, e quindi correttamente ricusabile) e, per l’effetto, riammetterlo in magistratura. Certo, vige la presunzione di non colpevolezza, e, quindi, la sua sottoposizione a processo penale è un dato significativo ma al momento non rilevante. È un suo problema, e, come tutti i problemi personali, destinato a retrocedere rispetto all'interesse del Paese. Anche se non posso non rilevare come tutto appaia concluso con la radiazione. Nessuna altra condanna disciplinare, nessuna indagine aperta dopo il palamaragate, eppure diverse circostanze avrebbero meritato un approfondimento. Quasi che, cacciato il «mostro», tutto possa tornare come prima. E chissenefrega se la gente non ha più fiducia nella magistratura. E, principalmente, chissenefrega dei tanti magistrati che quotidiamente svolgono il loro lavoro con correttezza e che, purtroppo per loro, continueranno a svolgerlo in un mondo immutabile e che la loro minoranza di potere vuole che tale resti. Ma se fosse solo questo non le avrei scritto. Perché farle perdere tempo. Invece vi è qualcosa di nuovo.

 

 

 

Leggo di esplosivi verbali di interrogatorio di tale Amara, verbali inviati a diversi giornalisti e mai pubblicati, verbali consegnati a Davigo nel timore di qualche debolezza della Procura di Milano. Verbali che, a leggere i giornali, girano da aprile del 2020. Abbiamo recepito esplosivi, e, se tali dovessero essere, cosa è accaduto in questo anno. Quante persone ne sono venute a conoscenza? Perché? Quanti accordi sono intercorsi? Credo siano delle legittime domande. Verbali in cui si parla di una fantomatica loggia Ungheria, tutta tesa a determinare le nomine degli uffici direttivi della magistratura. Loggia che, per un noto giornalista, è solo un simpatico modo di far riferimento ad un gruppo di persone che frequentavano la casa (sita nei pressi Piazza Ungheria) di un ex magistrato. Ma se ciò dovesse essere vero, e davvero non lo so, non trova che vi siano sintonie con quanto scoperchiato dalla vicenda Palamara? Chi può dirlo. Ci tocca aspettare che i verbali vengano pubblicati, così ognuno di noi può farsene un'idea. E, in attesa, ci affidiamo ai magistrati che, forse, indagano. A una condizione. Che non abbiano paura. Che accetteranno le verità, le quasi verità, le quasi menzogne e le menzogne. Ma che, principalmente, sulle verità non facciano sconti a nessuno, e a chi tocca tocca. Facciano, cioè, il loro dovere fino in fondo, facciano opera di pulizia fino in fondo, facciano quello che non hanno fatto quelli che si sono accontentati di chiudere il problema con la semplice radiazione di Palamara.

E lo facciano anche perché, essendo tutto destinato ad essere pubblico, ciascuno di noi potrà valutare il loro coraggio e il loro senso del dovere. E lo facciano perché, essendo i destini personali irrilevanti, quello che è in gioco è la credibilità della magistratura, invero oggi ai minimi storici. E lo facciano perché, in assenza, con una magistratura non credibile, non sarà possibile impedire che i cives ad arma ruant.
 

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