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Tornano i veleni sulla giustizia. E stavolta Palamara non c'entra

Francesco Storace
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L’assassino è sempre il maggiordomo, una segretaria per ora. Ma i nuovi veleni sulla giustizia rischiano di travolgere il Consiglio superiore della magistratura, infangano la Procura di Milano, lambiscono persino il Quirinale. Per il volantinaggio dei verbali d’interrogatorio dell’avvocato Piero Amara - segretati, dicono senza ridere - è indagata per calunnia l’ex segretaria del giudice Piercamillo Davigo, Marcella Contraffato, dipendente del Csm. Ma altri seguiranno...

 

 

 

A noi piacerebbe sapere se è ancora un reato la diffusione di verbali da un magistrato inquirente a chi non lo è. Se la presunta esistenza di una superloggia segreta è una cosa seria o una barzelletta. Nel secondo caso averla raccontata persino al Quirinale sarebbe indecoroso. Nel primo, un pericolo pesantissimo che veniamo a sapere per caso.

Tutto nasce dalla gola profonda di Piero Amara, che avrebbe raccontato storie apparentemente incredibili. Chi lo ha interrogato e ascoltato a Milano vorrebbe partire a razzo con l’iscrizione di mezzo mondo sul registro degli indagati (giudici, funzionari pubblici, immancabili politici, alti prelati, dirigenti delle forze dell’ordine, imprenditori) per aver tentato di monopolizzare nomine a partire dalla magistratura (ancora?) e tanto altro. Dice Matteo Renzi, che si toglie un dentino: «Ma non era Luca Palamara la mela marcia?».

La Procura della Repubblica di Milano invece frena, bisogna cercare riscontri. Il pm Paolo Storari freme, eccitatissimo dalle notizie, e corre da Davigo al Csm e gli spiffera tutto. Dandogli - pare - copia dei verbali segretati. «Non mi fanno indagare nella mia Procura», si lamenta. Davigo non gli dice: «Dottore torni dal suo Procuratore». No, afferra quella roba e la fa leggere al vicepresidente del Csm Davide Ermini e persino a Sergio Mattarella. C’è un golpe in atto? Nessuno si chiede, al Csm, se sia in corso una palese violazione delle regole della giustizia all’interno dell’organo di autogoverno della magistratura. Perché nel frattempo quei verbali - «segretati» e ancora si ride - arrivano anche all’altro membro del Csm, Nino Di Matteo. Che li spedisce a sua volta a Raffaele Cantone, che è il procuratore di Perugia che indaga su Luca Palamara.

 

 

 

I verbali parlano anche di Giuseppe Conte - stiamo ai si dice - e arrivano pure a Repubblica e al Fatto Quotidiano, che lo ammettono nell’edizione di ieri delle due testate. Amara avrebbe raccontato di averlo favorito per le consulenze a suon di centinaia di migliaia di euro per Acqua Marcia. Ma stavolta non lo spifferano ai loro lettori, non si può, che figura facciamo fare pure all’avvocato del popolo. E con tanto giudizio anche loro quelle carte le mandano in Procura. Se ci fossero stati i nomi di Silvio Berlusconi o Matteo Salvini chissà se sarebbero stati così carini, riservati, discreti.

Intanto, nessuno ha capito ancora se Amara ha detto verità o bugie. Se esiste la nuova loggia supersegreta chiamata Ungheria, non si sa mai ci fosse anche Viktor Orban. Domanda delle domande: ma quanto deve durare questo schifo in magistratura? Il cittadino comune di Milano, ad esempio, se un pm della sua città non si fida del proprio procuratore capo, che cosa deve pensare di fronte a un eventuale avviso di garanzia che gli dovessero recapitare? C’è qualcuno che nutre ancora dubbi sulla necessità di fare piazza pulita indagando su quello che ha incastrato Luca Palamara e su queste altre storielle che vengono misteriosamente alla luce? Ci sarà finalmente spazio per una politica che abbia il coraggio di muoversi a tutela della democrazia italiana, perché anche di questo si tratta quando parliamo di magistrati e della loro ben più alta funzione?

 

 

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