La sfida di Draghi e Cartabia: salta la prescrizione grillina. Archiviato Bonafede
L'argomento, in un governo in cui convivono i «giustizialisti» di Pd e 5 stelle e i «garantisti» del centrodestra, è incandescente. E così non meraviglia che il capitolo del Piano nazionale di ripresa e resilienza dedicato alla Giustizia sia uno di quelli più «cerchiobottisti», in cui si magnifica un corpo dello stato - la magistratura - per poi indicare solo qualche riga dopo la necessità di riformarlo. Eppure qualche notizia nelle decine di pagine dedicate al tema è possibile rintracciarla. Una, in particolare, non farà contenti i grillini: la riforma Bonafede sulla prescrizione sarà superata. Il capitolo comincia con una frase in un certo modo sorprendente. «Il sistema della giustizia italiana, caratterizzato da solide garanzie di autonomia e indipendenza e da un altro profilo di professionalità dei magistrati - si legge - soffre di un fondamentale problema: i tempi della celebrazione dei processi». Inevitabile convenire sulla conclusione, assai più difficile farlo sulla premessa. Possibile che - alla luce del «Palamara-gate» - si possa ancora definire la giustizia italiana «autonoma», «indipendente», caratterizzata da «massima professionalità»?.
Recovery, non ci voleva certo un Draghi per scrivere tante banalità
In realtà non sembrano crederci neanche gli stessi estensori del piano, che qualche pagina più avanti si concentrano sulla riforma dell'ordinamento giudiziario e scrivono esplicitamente che occorre «garantire un esercizio del governo autonomo della magistratura libero da condizionamenti esterni o da logiche non improntate al solo interesse del buon andamento dell'amministrazione della giustizia». Come se queste caratteristiche, per l'appunto, attualmente non ci siano. Per raggiungere l'obiettivo, tra le altre cose, c'è la norma anti-carrieristi («estensione ai magistrati che ricoprono funzioni apicali dell'obbligo di permanenza negli uffici per almeno 4 anni») e persino un'introduzione in nuce della separazione delle carriere («riduzione dei possibili passaggi di funzioni da incarichi giudicanti a quelli requirenti» per «valorizzare le professionalità acquisite»). Oltre, naturalmente, alla sempreverde «riforma del meccanismo di elezione dei componenti del Consiglio superiore della magistratura».
Il piatto forte, però, è sulla prescrizione, tema trattato nel capitolo sulla «riforma del processo e del sistema sanzionatorio penale». Vi si legge che nel marzo scorso il ministero della Giustizia «ha istituito una commissione per elaborare proposte di riforma in materia di processo e sistema sanzionatorio penale nonché in materia di prescrizione del reato». L'obiettivo è prendere in considerazione «eventuali iniziative concernenti la prescrizione del reato, inserite in una cornice razionalizzata e resa più efficiente in cui la prescrizione non rappresenti più l'unico rimedio di cui si munisce ordinamento nel caso in cui i tempi del processo si protraggano irragionevolmente». Insomma, la prescrizione non può essere la panacea di tutti i processi lunghi, ma in ogni caso resta una delle possibilità. E questo, si legge tra le righe, non dovrebbe valere solo per il primo grado di giudizio - come attualmente previsto dalla riforma Bonafede - ma anche per Appello e Cassazione.
Addirittura, in un passaggio gli estensori del Piano si esprimono come se la riforma cara ai grillini non ci fosse già più. È quando si fissa l'obiettivo di «snellire le forme e ridurre i tempi di durata del giudizio di appello, che rappresenta una fase particolarmente critica, in specie per la prescrizione del reato». Un controsenso, perché attualmente in appello la prescrizione non esiste più. È probabile che il passaggio sia stato «copiato» da vecchi documenti programmatici. il ché dà l'idea dell'approssimazione con cui vengono preparati talvolta questi testi «epocali». E rappresenta in qualche modo un segnale sinistro proprio per Bonafede, la cui disciplina andrà «razionalizzata». «Bisogna intervenire, ha confermato la Guardasigilli Marta Cartabia in un'intervista a La Stampa - abbiamo preso un impegno e lo manterremo. So bene che sarà il nodo più difficile da sciogliere. Per questo ho chiesto alla commissione tecnica di propormi un ventaglio di ipotesi». Ultima notazione per gli effetti economici di tutto il capitolo giustizia. Sul lungo periodo velocizzare i processi dovrebbe incidere sul Pil dello 0,5%. I primi decreti attuativi dovrebbero arrivare entro settembre 2022 e gli effetti benefici dovrebbero mostrarsi a partire dal 2024. Mai come in questo caso: chi vivrà, vedrà.
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