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Recovery, non ci voleva certo un Draghi per scrivere tante banalità

Franco Bechis
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Doveva essere un giochetto da fare con la mano sinistra durante qualche pausa pranzo, la cosa più sicura e facile che ci si attendeva da uno con la storia di Mario Draghi. Eppure, lette le 337 pagine del Pnnr con cui giustifichiamo davanti all’Europa i molti soldi che aspettiamo, ho pensato di essermi sbagliato.

Capita ogni tanto di confondere le carte e ho creduto di avere preso in mano l’ultima versione del documento a firma di Giuseppe Conte. Poi ho guardato meglio, eh, no. L’introduzione era proprio firmata da Mario Draghi. Ora questi documenti sono spesso simili, come abbiamo visto in tanti anni che inviamo alla commissione europea i nostri piani - che sempre sono zeppi di buoni propositi e perfino di calendari delle riforme che sappiamo pretese a Bruxelles. Si mette giù un geroglifico in burocratese, si infilano qua e là termini inglesi per fare dire «Oh!» ai burocrati europei che alla fine simpatizzano per queste cose, e si aggiungono un po’ di slogan triti e ritriti utili invece per l’uso e il consenso interno al Paese.

 

 

 

Spiace deludere, ma il Pnrr d Draghi è della stessa natura, simile a tutti i piani che lo hanno preceduto. Forse la sola differenza rispetto al passato è in quella telefonata pretesa dal presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che sembra sia stata fondamentale per sbloccare sabato notte il consiglio dei ministri italiano. La signora non voleva tanti panegirici inutili scritti, ma una sola parola, quella di Draghi: lui le ha detto «Sì, tre o quattro riforme verrano fatte. Offro la mia parola», e quella sola parola sembra sia valsa assai più delle 337 pagine.

Parto con citare l’unica vera novità contenuta in quel testo: nella scheda sulla riforma della giustizia civile e penale è riapparsa la parola proibita nell’ultimo anno: «Prescrizione». Nel testo c’è un po’ di confusione, perché la si ritiene ancora in vigore dove non è più. Ma il messaggio è che tornerà e sarà uno dei mezzi per contenere la durata dei processi («non l’unico», ci si affretta ad aggiungere per non irritare troppo gli orfani di Alfonso Bonafede). Di questo spiega tutto il nostro Carlo Solimene all’interno del giornale e non mi dilungo oltre. Ma è tra le poche vere novità.
L’Ue ha chiesto una riforma sulla concorrenza. E il Pnrr la serve così, con un testo zuppo di banalità: «Sono anche da valutare strumenti di potenziamento dell’antitrust enforcement ai fini di un più efficace contrasto al potere economico di imprese operanti in più mercati, valorizzando un equilibrato raccordo tra Commissione europea e autorità nazionale di concorrenza. Si prevede la presentazione in Parlamento del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza entro luglio 2021». Quel disegno di legge sulla concorrenza in realtà viene presentato puntualmente ogni anno dal governo italiano, quindi non è che sia sta grande riforma. Ma chissà, con la parola data da Draghi magari a Bruxelles si bevono pure questa.

 

 

 

Andiamo all’altra riformona, quella del fisco (ce ne sarebbe una anche della pubblica amministrazione, ma il testo lì è così incomprensibile che lo risparmio al lettore). Il grande piano la dice così: «È auspicabile un’opera di raccolta e razionalizzazione della legislazione fiscale in un testo unico, integrato e coordinato con le disposizioni normative speciali, da far a sua volta confluire in un unico Codice tributario. Così si realizzerebbero misure volte a favorire la semplificazione del sistema e l’attuazione della certezza del diritto». Queste stesse righe vengono scritte da almeno 20 anni identiche in ogni documento di finanza pubblica. Ma non c’è una sola parola sui contenuti della riforma fiscale. E infatti la scheda prosegue così: «Il disegno di Legge delega terrà adeguatamente conto del documento conclusivo della "indagine conoscitiva sulla riforma dell’Irpeg e altri aspetti del sistema tributario" avviata dalle Commissioni parlamentari e tuttora in corso di svolgimento. Per realizzare in tempi certi la riforma definendone i decreti attuativi il Governo, dopo l’approvazione della legge di delega, istituirà una Commissione di esperti». Buonanotte. Così un nuovo fisco lo vedremo quando Draghi avrà finito pure il suo settennato al Colle. Ma sul fisco c’è anche una promessa alla Ue che mai ci saremmo attesi: combatteremo l’evasione fiscale senza se e senza ma. Come? Boh...Il Pnrr scrive così: «Il perseguimento di questo ambizioso obiettivo richiede di proseguire con determinazione l’azione di contrasto all’evasione fiscale. In questa prospettiva, l’Italia ha intenzione di intensificare l’attività di analisi dei dati a disposizione dell’Agenzia delle entrate che consenta di individuare preventivamente o tempestivamente posizioni da sottoporre ad accertamento fiscale. Pertanto, verranno realizzati e potenziati progetti di analisi avanzata dei dati per poter aggredire il tax gap attraverso applicazione di tecniche sempre più avanzate come intelligenza artificiale, machine learning, text mining, analisi delle relazioni».

Il testo è tutto così, e obiettivamente non era necessario uno che aveva guidato la Banca centrale europea e pure la Banca di Italia per sfornare tante amenità. Speriamo che la sua parola davvero faccia la differenza e poggi sulla roccia, perché di pagine di sabbia ne abbiamo già messa alle spalle qualche tonnellata...

 

 

 

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