Coprifuoco alle 22, "così non si può rilanciare l'economia". Turismo e ristorazione in crisi
Il coprifuoco dalle ore 22, deciso e prorogato dal governo fino al 31 luglio, rischia di seppellire sotto la cenere migliaia di esercizi commerciali il cui fatturato è dipendente dalla fascia oraria interdetta. La Lega in Consiglio dei ministri si è astenuta sul decreto legge proprio per smarcarsi da un provvedimento che, oltre a non avere basi scientifiche, condanna alla cessazione parti rilevanti del nostro Pil. Tenere in ostaggio 60 milioni di italiani, senza un fondamento scientifico alla limitazione imposta, rappresenta una violazione della libertà con un impatto devastante sul tessuto socio-economico del Paese. I turisti, che stanno già programmando le loro ferie, ignoreranno come destinazione l'Italia, avendo decretato il domicilio coatto dalle ore 22.
Il sostantivo "vacanza" richiama un periodo di libertà, di svago e di evasione e non di reclusione. Obbligare al coprifuoco con la curva epidemiologica che declina, l'ospedalizzazione in flessione e la campagna di vaccinazione in itinere significa stabilire un deterrente a scegliere il nostro Paese come meta di villeggiatura, penalizzando ulteriormente il comparto del turismo e l'indotto economico che genera. Il provvedimento che vieta di circolare per le strade dopo le 22 si pone, peraltro, in contraddizione con il Documento di economia e finanza (Def) 2021 approvato, su proposta del presidente del Consiglio Mario Draghi e del ministro dell'Economia Daniele Franco, in Consiglio dei ministri lo scorso 15 Aprile, essendo una misura che rende inoperativa la "crescita" indicata come fonte di copertura finanziaria alla lievitazione del debito. Infatti, nel Def si dice che il debito sarà ridotto attraverso la crescita economica.
Tuttavia, quest'ultima, anziché essere incoraggiata, viene pregiudicata, sterilizzando quella componente della ricchezza che mobilita il turismo. La Lega di Salvini, astenendosi sul decreto, è rimasta coerente con il Def varato dal governo, mentre chi ha imposto la proroga del coprifuoco, obbedendo ad una ottusa vocazione ideologica del rigore, sta rischiando di manomettere la già esile stabilità finanziaria dei conti pubblici. Il commercio ha bisogno di ripartire nell'assoluto rispetto dei protocolli di sicurezza, ma senza forme di inibizioni cervellotiche che ne vanificano la ripresa. Il dossier della Confcommercio, sulle pressioni delle attività illecite alle imprese fiaccate dall'emergenza pandemica, descrive un quadro preoccupante con le organizzazioni criminali vigili ad elargire una sorta di assistenza alternativa. Già molti esercenti, a causa della penuria di liquidità, sono caduti vittime degli ingranaggi delittuosi con le denunce per usura cresciute del 16% nel 2020 rispetto all'anno precedente. Con il coprifuoco molte altre attività verranno private della possibilità di recuperare i volumi di affari pre-Covid e saranno costrette ad affidarsi al circuito usuraio pur di sopravvivere. L'ex banchiere centrale, il cui mandato è stato rivestito di un'attesa messianica, ha un solo modo per ricucire con il Carroccio e la maggioranza dei governatori regionali: rivedere la norma sul coprifuoco che è il simbolo di un arbitrio incompatibile con la stagione titolata in nome della ripresa.