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Un Governo di ripetenti. La scuola ha perso un anno

Valentina Conti
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La scuola si attrezza per i miracoli. Dopo un anno di Didattica a Distanza, lunedì si torna a scuola in presenza per un mese, nelle regioni gialle e arancioni, con il rompicapo spazi, le vaccinazioni per il personale scolastico sospese, i tracciamenti rimasti chimera, il nodo trasporti ancora da sciogliere e la carenza di docenti per il numero di classi in quarantena moltiplicate a causa delle norme anti-Covid più stringenti per le varianti. E il governo, davanti ai problemi oggettivi del rientro sui banchi, si piega alla gradualità. Ad annunciarlo la ministra per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, intervenuta ieri ad una riunione informale tra l'esecutivo e gli enti locali. Alcuni governatori, come Luca Zaia del Veneto, hanno messo le mani avanti chiedendo che la didattica in presenza possa essere su richiesta delle famiglie, al Sud la preoccupazione è tanta sulla soglia minima di studenti attesi in classe alle superiori, e i presidi hanno richiesto a gran voce di essere loro a stabilire la percentuale di frequenza degli allievi, viste le notevoli criticità di accoglimento.

 

 

«È bene che siano i dirigenti scolastici a decidere le percentuali degli studenti in presenza, perché lo faranno considerando le condizioni del territorio e delle istituzioni scolastiche, garantendo la massima sicurezza per tutti», ha ribadito il presidente dell'Associazione Nazionale Presidi, Antonello Giannelli. Sul piede di guerra anche i sindacati. La Flc Cgil ha chiesto che il governo rivaluti la scelta per la ripresa e lavori concretamente per raggiungere l'obiettivo in sicurezza. «Ci troviamo davanti a un atto di volontà politica non supportato da condizioni reali», ha evidenziato il segretario Francesco Sinopoli. «Per aprire le scuole c'è una volontà politica. Ma vediamo solo questa», ha sbottato Pino Turi (Uil). Lo Snals, guidato da Elvira Serafini, ma pure la Cisl di Maddalena Gissi, hanno fatto notare come sia stata sospesa la campagna vaccinale per il personale della scuola, ma ci siano alcune regioni che non hanno raggiunto neanche il minimo delle vaccinazioni. «Se la decisione della riapertura generalizzata il 26 aprile dev'essere letta come un segnale di attenzione del governo alla scuola, allora forse è il caso di dire che quell'attenzione dovrebbe tradursi in qualcosa di più che il fissare una data», ha sottolineato Gissi.

 

 

 

«Il governo punta ad arrivare quanto prima a una presenza al 100% dei nostri ragazzi nelle scuole di ogni ordine e grado. Con il nuovo decreto diamo un chiaro segnale in questa direzione, con l'obiettivo di terminare l'anno scolastico in aula grazie alla collaborazione con le Regioni e il rafforzamento del sistema del trasporto pubblico», le parole della ministra Gelmini giunte a calmare gli animi. L'idea dell'esecutivo è quella di arrivare a giugno con la didattica in presenza al 100%, partendo però da lunedì con un «minimo del 60%». Dubbi espressi, a quanto si è appreso, da parte delle Regioni Calabria, Puglia e Campania, per bocca dei propri rappresentanti, sul limite minimo di presenza degli alunni, considerato «troppo alto» per poter garantire il distanziamento sociale negli spazi scolastici e sui mezzi pubblici. Lo schema del nuovo dl Covid, stando alle bozze trapelate nelle ultime ore, permetterà quindi alle scuole secondarie di secondo grado di adottare «forme flessibili nell'organizzazione dell'attività didattica» affinché sia garantita, in zona rossa, la presenza «ad almeno il 50% e fino a un massimo del 75%, della popolazione studentesca», mentre in zona gialla e arancione la didattica in presenza dovrà essere assicurata «ad almeno il 60% e fino al 100% della popolazione studentesca».

 

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