La Lega non ci sta
Matteo Salvini fa tremare il Governo sulle riaperture. Mario Draghi è avvisato
Le discoteche sono chiuse ma a Palazzo Chigi si balla. Perché se è vero che si mettono nero su bianco le date sulle riaperture come Mario Draghi aveva preannunciato in conferenza stampa dopo la riunione della cabina di regia, si va troppo in là col calendario. E invece devono essere dati segnali più forti al Paese, alle categorie, alle regioni. Matteo Salvini ha intenzione di dire la sua con i ministri della Lega e, si spera, anche degli altri di centrodestra, per convincere premier e coalizione. Dice a Il Tempo il leader della Lega: «Siamo al governo per curare e rilanciare l'Italia, ci vogliono coraggio e riaperture». Che vuole sostanziare con nettezza. Bene il ritorno alle zone gialle da lunedì prossimo, apprezza le riaperture delle attività di ristorazione, ma Salvini chiede un cambio di passo autentico, che coincida con le richieste avanzate da associazioni di categoria e regioni. «La Lega proporrà in Consiglio dei Ministri e in Parlamento, in accordo con Sindaci, Governatori e associazioni, la riapertura dai primi di maggio anche delle attività al chiuso e l'estensione almeno fino alle 23 della possibilità di uscire».
In sostanza, il diritto a lavorare per i titolari delle attività e a pranzare per i clienti anche nei locali al chiuso. E soprattutto, se proprio si riscontrano difficoltà nel cancellare quell'orrenda parola e pratica chiamata coprifuoco, almeno spostare in avanti la lancetta dell'orologio, dalle 22 alle 23. Aver anticipato le proposte della Lega è un segnale di trasparenza anche nei confronti di Draghi, perché non ci può essere egemonia di una sinistra minoritaria nel Paese sul governo di salvezza nazionale sollecitato dal presidente della Repubblica. E anche il presidente del Consiglio dovrà sottrarsi a chi lo tira per la giacchetta contro categorie ancora indicate come soggette alla pratica dell'evasione fiscale persino quando rischiano il fallimento per la chiusura delle attività.
Salvini indica questi obiettivi - assieme ai sostegni da garantire e soprattutto da erogare - perché intende muoversi nell'ambito della «missione» del governo Draghi. Ha una gran voglia di pretendere anche la riforma della giustizia - e ieri ha invitato persino Sergio Mattarella a «svegliarsi» con magistrati che «fanno più comizi che sentenze» - ma sa bene che il compito del nuovo esecutivo ha un orizzonte limitato all'uscita dalla pandemia e alla ricostruzione con la spesa dei fondi europei. Dunque, cambiare date e orari che ormai appaiono come un simbolo ostile alle riaperture.
Le attività legate alla ristorazione hanno già pagato un prezzo salatissimo con le sanificazioni e i protocolli imposti da tempo immemorabile e soprattutto non hanno provocato la circolazione del virus. È ora di lasciare liberi gli esercenti di poter lavorare e creare lavoro con la loro attività. Si arriverà a votare in consiglio dei ministri? Difficile dirlo, perché starà proprio a Draghi saper raccogliere quella che non è solo la tesi di Salvini, ma semplicemente la voce che è offerta - nell'ufficialità delle decisioni che dovrà assumere per decreto il governo - a categorie esasperate da una situazione davvero difficile da sostenere. Sarebbe politicamente sbagliato non dare riscontro alla richiesta della prima forza politica del Paese. E Draghi lo sa bene. Se quel «rosso» che piace tanto al ministro Roberto Speranza deve diventare il colore di un governo che non riapre, è evidente che è un sacrificio che non si può chiedere anche a un centrodestra che sostiene l'esecutivo con lealtà. Sta al premier saper raddrizzare la rotta. Quando proprio Salvini è stato interpellato sulla sfiducia al ministro della Salute, la risposta è stata chiara: «Non mi interessa se cambia o no Speranza, mi interessa di più se cambiano le politiche di Speranza». Più chiaro di così...