Basta autocertificazioni, per spostarsi c'è un nuovo dramma in verde
La bozza del decreto di Mario Draghi sulle riaperture manda in pensione - così sembra - una volta per tutte le autocertificazioni che hanno accompagnato la vita degli italiani da più di un anno. Dal 26 aprile al 31 luglio (per ora) per spostarsi anche sul territorio nazionale verso zone arancioni o ancora peggio rosse bisognerà avere un mano un “certificato verde”, che nulla ha a che vedere con la tanto abusata transizione ecologica (anzi, essendo spreco di carta è assolutamente anti-ecologico).
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Il decreto stabilisce infatti che “gli spostamenti in entrata e in uscita dai territori delle Regioni e delle Province autonome collocati in zona arancione o rossa sono consentiti ai soggetti muniti delle certificazioni verdi”. Le certificazioni verdi per spostarsi saranno di quattro tipi. La prima - di 6 mesi di durata - dovrà attestare la vaccinazione avvenuta e potrà essere rilasciata su richiesta dalla struttura in cui un cittadino si è vaccinato. La seconda - sempre di sei mesi di durata - dovrà attestare la guarigione dal virus per chi se lo è preso e dovrà essere rilasciata dalla struttura in cui si è stati ricoverati o dal medico di famiglia. La terza e la quarta certificazione verde avranno validità di appena 48 ore e dovranno comprovare l'effettuazione di test molecolari o di test antigenici rapidi con risultato negativo e dovrà essere rilasciata dalla farmacia, dal laboratorio o dalla struttura in cui ci si è sottoposti al test.
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Solo con uno di quei 4 certificati verdi ci si potrà muovere, dunque. Non si fa più cenno all'autocertificazione, che sembra scomparsa dai radar, ma il decreto lascia il buco su cosa fare per spostarsi dopo il coprifuoco in caso di necessità (lavoro, salute e urgenze familiari) per cui nessuna di quelle quattro soluzioni è realistica. Il certificato verde che ha suscitato molte perplessità in tutta Europa tanto è che si è accantonata l'idea di renderlo obbligatorio per varcare i confini fra gli Stati, diventa un problema non secondario per gli spostamenti superiori alle 48 ore dei giovani (ad esempio le vacanze), visto che a loro il governo non garantisce né permette il vaccino e che passare il tempo a fare tamponi potrebbe essere anche complicato lontani da casa.
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