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Sulla prescrizione Marta Cartabia ascolta centrodestra e renziani

M.G. Zelle
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Kelsen la chiamava Grundnorm, norma fondamentale: quell'insieme di regole che dovrebbero costituire la base che regolamenta la produzione normativa di un Paese. Eppure in Italia la Costituzione è diventata, a seconda dell'occasione e dell'opportunità, un paravento per conservare lo status quo o uno scomodo ostacolo da ignorare quando si tratta di portare avanti le proprie battaglie ideologiche. E così sabato, a Palermo, si è deciso che l'operato di un Ministro nell'esercizio delle proprie funzioni non è libero, ma deve essere sottoposto al vaglio del potere giudiziario. Il rinvio a giudizio di Matteo Salvini infatti segna un pericoloso precedente: scardina nei fatti il principio della separazione dei poteri, allargando la valutazione che la magistratura può operare nei confronti dell'esecutivo e di quella che è, indirettamente, la volontà popolare. Ebbene, qui non si tratta di condividere o meno l'operato di un ministro, di operare una valutazione sull'opportunità politica delle sue scelte o dell'eticità delle stesse. Si può infatti opporre alla decisione di trattenere i migranti sulla nave Open Arms ragioni morali o ancora, sostenere che l'azione ministeriale fosse mirata ad esclusive mire di propaganda elettorale. La sede di tali valutazioni è però la carta stampata di un giornale, l'aula parlamentare, il consiglio dei ministri e, soprattutto, la cabina elettorale, dove ogni politico rende conto del proprio operato. valutazione.

 

 

Spostare nell'aula di un tribunale, significa di fatto sostituire alla Costituzione formale una Carta materiale che trasforma lo Stato di diritto in uno Stato etico, che subordina la valutazione della scelta politica non alla legge, bensì alla morale. E allora, ben sarebbe possibile, seguendo questa impostazione, definire sequestro di persona anche la carcerazione preventiva, che di fatto va a privare della libertà un cittadino innocente fino a sentenza passata in giudicato. Si potrebbe, paradossalmente, processare per danno erariale il Ministro dell'Economia che avesse portato il Paese a decrescere o per concorso esterno il Ministro della Giustizia che avesse consentito l'uscita dal carcere di condannati per Mafia a causa dell'emergenza da Coronavirus. La sinistra postcomunista e il M5S però, osservando la realtà con un paravento ideologico e opportunista, fingono di non vedere e così, anziché tutelare quei principi sacrosanti che fanno a parole del nostro Paese una democrazia liberale, li utilizzano a suo piacimento. Lo fanno nel caso di Salvini come lo fecero con Berlusconi, lo fanno con l'ideologia del lockdown, trasformando, come scrive Speranza, il virus in una potenziale egemonia culturale, in barba alle libertà costituzionalmente garantite.

 

 

Lo hanno fatto con la Riforma del Titolo V della Costituzione, affossata perché portava la firma di Matteo Renzi ma che, se fosse passata, avrebbe in gran parte impedito la confusione che regna attualmente in merito alla competenza statale e regionale sulla sanità, poiché il Titolo V dà si il potere allo Stato di attrarre a sé in caso di emergenza la competenza sanitaria, ma questo, tradotto nella realtà, provocherebbe uno tsunami nel conflitto fra Stato e regioni. Quando così i suoi detrattori si sono trovati a gestire tale conflitto, non solo hanno cambiato idea, ma sono arrivati al paradosso di depositare una proposta di riforma dell'art. 117 che andasse nella stessa direzione della famigerata Boschi-Renzi. Una proposta depositata in Senato, a prima firma... Paola Taverna. E se la sinistra piange nelle pieghe delle contraddizioni ideologiche, la battaglia garantista del centrodestra e dei renziani, inizia a segnare invece i primi timidi successi: la riforma della prescrizione si farà e la Ministra Marta Cartabia pare si sia trovata in perfetta sintonia con le richieste avanzate da leghisti, forzisti e renziani. Una riforma che aderirà, come è giusto che sia, ai principi sanciti dalla Carta e non alle follie del populismo giudiziario.

 

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