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Recovery Fund, Mario Draghi riceve Lega e M5s: i soldi ci sono, i progetti no

Francesco Storace
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Mario Draghi chiede unità agli alleati e aumenta ancora i fondi per sostenere gli investimenti previsti con il Piano nazionale di ripresa e resilienza alla base dei finanziamenti europei: lo Stato calerà 30 miliardi in più sul tavolo, la cifra ammonterà a 232 miliardi di euro. Lo ha fatto sapere il ministro dell’Economia Daniele Franco, anche se non sono ancora esplicitati i progetti su cui puntare. 

Ieri il presidente Mario Draghi ha incontrato le delegazioni dei Cinque stelle e della Lega. La sensazione è che il premier – che oggi vedrà Pd e Leu e domani Forza Italia e Fdi – sia ancora attento nel mostrare le carte. Per ora si è fermi ai desiderata dei partiti e nemmeno loro si sbottonano più di tanto con i giornalisti.

Esce da Palazzo Chigi Vito Crimi con la delegazione M5s e quello che si fa trapelare è che i grillini sollecitano la proroga del superbonus edilizio al 2023 assieme a risposte per le partite Iva e le famiglie. E l’immancabile transizione ecologica.

La Lega punta sulle deroghe al codice degli appalti, ma prima indica come immediata priorità le riaperture.

Insomma, di Pnrr se ne dovrà riparlare quando Draghi mostrerà le carte vere, pare di capire.

Al punto che la discussione, soprattutto con i leghisti – non c’era Matteo Salvini che ha sentito il premier al telefono -  si è concentrata più su questioni di metodo. Ad esempio sui rapporti nella maggioranza. Draghi tenta di annullare le differenze esistenti con richiami al lavoro comune nel nome dell’unità nazionale.  Evitiamo di farci dispetti l’uno con l’altro, di criticarci, sarebbe meglio, invece, focalizzare l’attività sui temi e gli obiettivi comuni: è la richiesta che, secondo quanto ha riferito l’Agenzia Italia, il premier avrebbe formulato agli esponenti della Lega. La Lega ha sottolineato la correttezza del proprio operato (lo dimostra il numero limitato di emendamenti al dl sostegni) ma ha evidenziato a Draghi “gli attacchi, gli insulti e le provocazioni quotidiane di segretario, ministri e dirigenti del pd”.

Non ultimo l’incontro di Enrico Letta con il fondatore di Open Arms, mentre Salvini è ancora sotto inchiesta sullo stop ai clandestini. E anche sulla questione legata al lavoro del ministro della salute Roberto Speranza, la Lega non rinuncia alla propria idea di proporre una commissione di inchiesta per individuare eventuali mancanze e responsabilità sulla gestione della pandemia.

Comunque i leghisti hanno fatto sapere ai giornalisti all’uscita da Palazzo Chigi che le priorità del momento sono chiare e che hanno sottolineato al presidente Draghi che il miglior ristoro è naturalmente cominciare con delle graduali riaperture. In particolare il capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo, ha detto che “dobbiamo ispirarci al principio di ragionevolezza e buon senso. Se i dati analizzati nella cabina di regia dovessero dire che siamo da zona gialla non comprendiamo perché alcune regioni non possano riaprire alcune attività”. 

Nella partita del Recovery Fund, si vogliono infilare anche le regioni: “Le risorse assegnate all’Italia dal Piano nazionale di ripresa e resilienza riusciranno a sprigionare il loro effetto moltiplicatore solo se saremo capaci di integrarle con le strategie di sviluppo dei territori e con le linee di investimento già in essere. Proprio nella prospettiva di potenziare il dialogo tra le istituzioni e mettere insieme tutte le forze del Paese, le Regioni chiedono quindi di poter ottenere una rappresentanza diretta nella cabina di regia che si occuperà dell’implementazione del Pnrr”. Lo vuole il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, intervenendo alla Conferenza Stato-Regioni. 

Sta a Draghi rispondere con modalità che possano soddisfare anche le istituzioni del territorio. I quattrini ci sono e ingenti e sta al premier capire fino a dove si potrà spingere prima di inviare i progetti dell’Italia a Bruxelles. La proposta di piano deve essere pronta entro il 30 aprile e dovrà esserci spazio anche per la discussione parlamentare.

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