Furioso
Scandali, mascherine, nomine. Adesso Nicola Zingaretti è accerchiato
«Mi state rovinando la carriera politica». Nicola Zingaretti è furioso. Ha lasciato la segreteria del Pd perché si vergognava del suo partito. Ora, da governatore, si vergogna di parte della sua maggioranza. Le dimissioni rassegnate l'altra settimana dall'ormai ex presidente del Consiglio regionale Mauro Buschini vengono precedute, alla vigilia, da una riunione di maggioranza che qualcuno non esita a definire «drammatica». «Per me - le parole del presidente della Regione Lazio - Buschini è finito, non esiste più. Si deve dimettere, da tutto: sia da presidente che da consigliere». E ancora, rivolgendosi all'ex presidente dell'Aula della Pisana: «O si dimette lui o mi dimetto io». Scontato l'esito, con l'addio di Buschini.
Dimissioni che, tuttavia, non chiudono il caso «Concorsopoli». Dal Nazareno trapela che il neosegretario del Pd Enrico Letta, successore proprio di Zingaretti, sia rimasto abbastanza contrariato dalle assunzioni effettuate dal Consiglio regionale del Lazio attingendo alle graduatorie del Comune di Allumiere. «Il presidente del Consiglio dei ministri non sa cosa fa il presidente della Camera», aveva commentato a caldo Zingaretti, di fatto scansando da sé ogni responsabilità politica su una vicenda deflagrata nel giro di pochi giorni. Colpa dell'Ufficio di Presidenza della Pisana, colpa di Buschini, colpa loro. Ma il fatto resta. Ed Enrico Letta, che stava spingendo molto per convincere il presidente della Regione a candidarsi a sindaco di Roma, ora si sarebbe raffreddato. Un gesto d'amore di Zingaretti nei confronti della città avrebbe risolto parecchi problemi al Pd e al suo segretario. «Ma - si ragiona al Nazareno - con questo clamore mediatico attorno alla Regione pensare a una campagna elettorale è impossibile».
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Tutta colpa di quelle assunzioni di decine di assessori, consiglieri, segretari, assistenti, portaborse e militanti del Pd chiamati dalla graduatoria del Comune di Allumiere amministrato da un sindaco Pd a sua volta membro di segreteria di Buschini. Normale che Zingaretti sia adirato. Il governatore ora punta alle dimissioni di tutto l'Ufficio di Presidenza, a partire dai suoi membri di centrosinistra (Michela Di Biase del Pd e Gianluca Quadrana, della lista civica che porta il nome del presidente), per poi arrivare a David Porrello, vicepresidente in quota agli alleati del M55. Quanto ai consiglieri della Lega - ragiona Zingaretti - difficile possano resistere in caso di dimissioni degli altri componenti. Il presidente starebbe pensando anche a riorganizzazioni in giunta, per cambiare anche gli equilibri nel Pd regionale e nel gruppo consiliare alla Pisana.
La faccia è la sua e troppe volte è stata associata a scandali che hanno visto coinvolti suoi fedelissimi o personaggi di spicco della Regione Lazio. Mondo di mezzo, inchiesta sullo stadio della Roma, un assessore regionale di Viterbo, Alessandra Troncarelli, che partecipa e poi si ritira dal concorso per la Asl di Latina (sempre i concorsi.. anche lì assunti un consigliere comunale di sinistra, collaboratori di consiglieri regionali, figli e parenti di politici Pd). Senza contare l'esercito di militanti Pd assunti in giunta. E poi il «mascherina-gate»: milioni e milioni di mascherine ordinate la scorsa primavera con affidamenti diretti in somma urgenza ad aziende dalla dubbia affidabilità e mai arrivate nonostante l'anticipo di somme milionarie. Fideiussioni fasulle. E poi revoche e novazioni contrattuali. Una bufera politica che ha investito il responsabile della Protezione civile regionale Carmelo Tulumello. Sul caso indaga la Procura di Roma: la Regione Lazio è parte lesa.
Finita qui? Macché. L'assessore alla Sanità Alessio D'Amato ha provocato più di un imbarazzo al governatore: avrebbe usato i fondi assegnati dalla Regione a una onlus per pagare la propria campagna elettorale. Sul caso indaga la Corte dei conti. Zingaretti e lo stesso D'Amato sono poi indagati dalla procura di Roma per abuso d'ufficio sulle nomine Asl. E sui rifiuti e la nuova discarica di Roma sono finiti ai domiciliari la dirigente regionale Tosini e l'imprenditore Lozza. «Nicola negli ultimi anni ha dedicato tantissimo tempo a fare il segretario del Pd e poco alla Regione», dicono alcuni suoi fedelissimi. E ha perso l'aura di buon amministratore che lo ha sempre accompagnato. Ora deve rimettere insieme i cocci. Ammesso che sia ancora possibile.