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Solo Calenda e Meloni non sono a dieta. Pd e FI dimenticati dalle imprese: ecco tutti i finanziamenti ai partiti 2020-21

Carlo Solimene
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Nell'anno della pandemia anche la politica si mette a dieta. Attenzione, non si parla degli (intoccabili) stipendi dei parlamentari, bens) dei finanziamenti dei privati ai partit Un capitolo diventato sempre più importante nei bilanci delle varie forze politiche dopo l'abolizione dei rimborsi elettorali. Ebbene, come detto, anche per i partiti il 2020 è stato un annus horribilis. E non poteva essere altrimenti, visto che le imprese, potenziali benefattrici, erano in crisi e chiedevano a loro volta «ristori» al governo. Eppure, in un contesto avaro dove si registrano per lo più solo le donazioni dei parlamentari, c'è qualche eccezione. Stando a quanto emerge dalle donazioni comunicate alla Camera dal 10 agosto 2020, a far registrare un exploit sono soprattutto i piccoli partiti, come Fratelli d'Italia (nel frattempo diventato «grande» nei sondaggi) e Azione di Carlo Calenda, mentre a boccheggiare sono le due formazioni che hanno segnato la Seconda Repubblica: Forza Italia e Partito democratico. Come se il tessuto imprenditoriale italiano avesse deciso di abbandonare i vecchi bastioni della politica per puntare sulle «start up».

 

I FLOP DI PD E FORZA ITALIA
In casa azzurra fa sensazione la totale assenza di versamenti dai Berlusconi (compensati, però, dai 100mila euro - il tetto massimo consentito arrivati da Fininvest) e il restante encefalogramma piano. Fanno eccezione due aziende «amiche». La prima è la Seda Italy Spa di Arzano che si occupa di imballaggi e versa nelle casse forziste settantamila euro. Il gruppo è legato ad Antonio D'Amato, non a caso uno dei nomi ipotizzati dal centro destra per la corsa a sindaco di Napoli. La seconda «benefattrice» è la Società delle scienze umane, che altro non è che la promotrice dell'Università Niccolò Cusano e ha come patron Stefano Bandecchi, un passato politico proprio in FI e nel Msi. Versa nelle casse azzurre 40mila euro. Poi, praticamente, nient' altro.

 

Va peggio, se possibile, al Partito democratico. A «quattro zeri» solo due donazioni: i 20mila euro ottenuti dalla Energas Spa (società che rifornisce di GPL case, condomini, imprese e distributori di carburante) e i 10mila arrivati dalla Società generale Edile Imolese. I fasti del passato sono lontani, insomma. Anche perché uno degli esponenti potenzialmente più attrattivi per le imprese, il sindaco di Milano Giuseppe Sala, ha di fatto lasciato il partito. Portando con sé i cinquantamila euro versati al suo comitato elettorale dal solito Gianfranco Librandi (deputato renziano) attraverso la Tci Telecomunicazioni Italia Spa. Tra i finanziatori di Sala anche Antoni «Toni» Belloni, direttore generale di Lvmh, colosso della moda e del luxury francese. Da lui il sindaco di Milano ottiene diecimila euro.

 

CALENDA PIACE ALLA GENTE CHE PIACE
A proposito di «luxury», si resta a bocca aperta a scorrere la lista di sostenitori di Azione di Carlo Calenda. Non solo per la quantità e la «qualità» dei finanziatori, ma anche perché il partito dell'ex ministro dello Sviluppo economico non ha ancora, di fatto, partecipato ad alcuna competizione elettorale. Una vera e propria scommessa, insomma. Sulla quale hanno puntato big come Patrizio Bertelli di Prada, che «molla» il suo vecchio riferimento politico, Matteo Renzi, e a Ca lenda versa ben cinquantamila euro. Poi ci sono i 25mi1a euro donati da Pier Luigi Loro Piana, dell'omonina dinastia leader mondiale del cachemire, i diecimila in arrivo da Romano Minnozzi (patrimonio da oltre 1,5 miliardi di dollari grazie alle partecipazioni azionarie in Snam e Italgas), i diecimila versati da Alessandro Mello (presidente di Aermec, impianti di climatizzazione), i diecimila della Florim Ceramiche («leader mondiale nella produzione del Gres porcellanato» si legge sul sito dell'azienda) e i ben cinquantamila arrivati dalla meno nota Ipi Spa di Arzano, che produce imballaggi in carta e cartone. Non finisce qui, ovviamente. Ma tra sostenitori più o meno noti ne spunta un altro significativo.

Il finanziere «renzianissimo» Davide Serra, che a Calenda versa in tutto 19mila euro in tre tranche. In realtà Serra continua a «preferire» Renzi (a Italia viva dona in tutto 40mi1a euro), ma sembra aver voluto estendere i suoi orizzonti anche altrove. Anche perché il «rottamatore» non vive tempi facili, né nei sondaggi, né nei finanziamenti. Perso Bertelli, si consola con l'imprenditore Lupo Rattazzi, figlio di Susanna Agnelli, che dona a Iv ben 45mi1a euro e con la regista teatrale Andrée Ruth Shammah che, a titolo persona, finanzia Renzi con 20mi1a euro. La stessa cifra che all'ex premier arriva dalla Neos Spa (compagnia di voli low cost).

IL CASO FRATELLI D'ITALIA
Se i marchi del lusso preferiscono i partitini del centro, il mondo delle piccole e medie imprese sembra essersi innamorato di Giorgia Meloni. La lista dei finanziatori di Fratelli d'Italia è infatti connotata da una miriade di piccole società - localizzate soprattutto tra Lazio, Marche e Puglia - che a volte versano cifre basse (tra gli 800 e i tremila euro) ma che testimoniano come il partito dell'ex ministro della Gioventù sia radicato nell'«economia reale». Dalla Sysco Spa di Roma che versa 800 euro al Gruppo Meg (estetica) di Ancona che ne dona tremila. Senza dimenticare apporto del mondo dell'associazionismo. Con fagricoltura versa 3.200 euro, Confapi (piccola e media industria) 4.000, Coldiretti 1.600, Confartigianato Marche 12.500.

Certo, anche la Meloni vanta qualche finanziatore a «quattro zeri». Dalle Attività Edilizie Pavesi, che investono in Fratelli d'Italia 49.500 euro, alla Società Immobiliare Adriatica che ne versa 15.000, dalla Imesa Spa di Jesi (sempre 15.000) all'umbra Connesi Spa (ancora 15.000). Ma il dato più sorprendente arriva dal finanziamento più alto: i 50mi1a euro ricevuti in due tranche dal Gruppo Villa Maria Spa, ovvero la catena di cliniche private Gym. La novità è che il gruppo, che ha mosso i suoi primi passi nella «rossa» Emilia Romagna, è sempre stato considerato vicino al Partito Democratico. E il patron Ettore Sansavini, nel marzo del 2020, celebrava con orgoglio la decisione della Regione Lazio che rendeva l'Istituto Clinico Casalpalocco del suo gruppo un «Covid Hospital», prima clinica privata a riuscirci nella regione. Una circostanza che attirò qualche critica al governatore Nicola Zingaretti. Appena sei mesi dopo, però, Gmv elargiva la maxi donazione a Fratelli d'Italia. Che ingrati, avrà pensato Zingaretti.

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