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I pm indagano il primo big, Ranieri Guerra è nei guai

Francesco Storace
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Adesso si balla ai piani alti. Per la pandemia che ha devastato l’Italia le indagini della magistratura arrivano al primo bersaglio grosso: è iscritto nel registro degli indagati a Bergamo Ranieri Guerra, vicedirettore dell’organizzazione mondiale della sanità e revocato da membro del Cts dal governo di Mario Draghi.

Ranieri Guerra, che è stato direttore generale del ministero della Salute dal 2013 al 2017, per ora è sotto accusa per false dichiarazioni ai pm nell’ambito dell’inchiesta sul piano pandemico dell’Italia. Ora lui, come altri potenziali destinatari di ulteriori avvisi di garanzia, non potrà più dire che «andrà tutto bene». È immaginabile che a Ranieri Guerra – come ha anche ben ricostruito nel corso dei mesi la trasmissione Report di RaiTre a cura di Sigfrido Ranucci – saranno poste domande sempre più imbarazzanti per il ruolo giocato. Ma ci saranno certamente anche altri a dover rispondere del loro operato, perché tra ministri che si sono succeduti dopo il 2006 e direttori generali in molti hanno dimenticato colpevolmente di aggiornare un piano pandemico fermo al 2006. Centodiecimila morti di coronavirus, diversi dei quali avrebbero potuto essere salvati se si fosse agito per tempo o seguendo almeno le prime indicazioni di quel piano vigente da tanti anni.

 

 

 

A Ranieri Guerra viene rimproverato dai magistrati di aver coperto il ministero della Salute, contribuendo a far sparire dal sito dell’Oms un rapporto sull’Italia estremamente critico. Cioè, si è occultata la verità. Mentre il governo di Giuseppe Conte e del ministro della Salute Roberto Speranza andava raccontando che eravamo un modello per il mondo nel contrasto alla pandemia, in realtà eravamo in preda ai pasticci più incredibili che l’Oms, con i suoi ricercatori, aveva messo nel mirino. E a Ranieri Guerra si addebita il lavoro per nascondere materiale che rischiava di essere esplosivo per il governo del Paese.

Ai magistrati, lo scorso 5 novembre, Guerra dichiarò di non aver mai esercitato pressioni sui ricercatori dell’ufficio Oms di Venezia per far eliminare dal sito dell’Organizzazione, a metà maggio 2020, lo studio che definiva «improvvisata e caotica» la gestione della pandemia. E per questo è indagato in relazione all’articolo 371 bis del codice penale per «false informazioni al pm». Il riferimento è a quanto ha dichiarato nella sua deposizione davanti ai pm come persona informata sui fatti.

Nei giorni scorsi i magistrati guidati da Antonio Chiappani avevano inviato una rogatoria a Ginevra destinata proprio ai rappresentanti dell’organizzazione mondiale della sanità per sollecitare delucidazioni, tra le altre cose, su come venissero accolte, quando Guerra era responsabile della Prevenzione nel Ministero della Salute, le autovalutazioni italiane di eccellenza nella capacità di prevenire un’eventuale pandemia. Risposte ai questionari inviate annualmente dall’Oms agli Stati membri per saggiarne la preparazione.

 

 

 

Un altro aspetto dell’inchiesta che lo coinvolge è proprio il mancato aggiornamento del piano pandemico, fermo al 2006. L’ex funzionario dell’Oms Francesco Zambon, che si è dimesso dalla sede di Venezia, ha denunciato di avere subito delle pressioni attraverso delle mail agli atti dell’inchiesta proprio da Guerra, nelle vesti di direttore aggiunto, per postdatare il Piano facendolo così sembrare aggiornato al 2016 nell’ambito di un rapporto pubblicato per sole 24 ore sul sito dell’Oms, e poi scomparso, sulle falle del sistema italiano. A questo proposito è ancora Report a rivelare che esistono nuovi documenti – saranno resi noti nella trasmissione di lunedì prossimo – destinati a mettere in imbarazzo proprio il direttore generale dell’Oms, Tedros.

Suscita infine inquietudine quanto si è appreso ieri in ambienti della Ue. Divulgare i documenti che contengono le autovalutazioni dell’Italia sulla propria capacità di affrontare una pandemia «potrebbe minare l’interesse pubblico in termini di sicurezza pubblica». Con questo argomento la Commissione Europea ha negato a un giornalista, che ne aveva fatto richiesta il 22 febbraio scorso, l’accesso alle autovalutazioni triennali che gli Stati dell’Unione Europea devono obbligatoriamente inoltrare al Centro di Prevenzione e Controllo delle Malattie Infettive, un’agenzia della Commissione, in base a quanto richiesto dalla Decisione 1082/2013 sulle minacce transfrontaliere.

Eppure, da quanto risulta, proprio l’Italia, assieme ad un solo altro paese membro dell’Unione Europa, non avrebbe mai mandato le autovalutazioni sullo stato della propria preparazione in caso di minacce transfrontaliere, in modo particolare le pandemie, che si sarebbero dovute spedire entro novembre 2014. Solo nel 2017 si scrisse da parte nostra la falsa informazione che il piano del 2006 era stato aggiornato. Non risultano ancora, al momento, ipotesi di reato per il mancato aggiornamento del piano, né per la mancata applicazione lo scorso anno del piano del 2006, che fu sostituito da un nuovo piano anti-Covid, approvato ai primi di marzo del 2020 dal Comitato tecnico scientifico, quando ormai l’epidemia aveva già iniziato a travolgere il nostro sistema sanitario specie in Lombardia, e tenuto segreto finché non l’ha scoperto Report. Alcuni atti sono stati trasmessi da Bergamo alla Procura di Roma per competenza territoriale.

 

 

 

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