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La furia di Draghi per i vaccini ai giovani. Ma tocca al premier decidere

Franco Bechis
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E alla fine ha parlato Mario Draghi. Come toccava fare a un presidente del Consiglio dopo il caos del giorno prima sul vaccino AstraZeneca, ieri alle 18,30 Draghi ha voluto parlare indirettamente agli italiani attraverso una conferenza stampa che è stata trasmessa in diretta tv su molti canali. 

 

L’intenzione era quella di tranquillizzare e di trasmettere a tutti un messaggio di fiducia sul prossimo futuro. Un po’ è accaduto. Ma proprio sul punto più delicato- quello delle dosi AstraZeneca improvvisamente destinate a chi ha fra 60 e 79 anni- il premier ha aggirato l’ostacolo lasciando rispondere chi gli sedeva a fianco- il professore Franco Locatelli, coordinatore del Cts- che non ha fugato né dubbi né paure che ormai serpeggiano in gran parte della popolazione italiana. Draghi ha preferito mettere a fuoco altro: la necessità che l’Italia ha di vaccinare ora solo gli ultra ottantenni, poi entro la fine di aprile (perché lui dice che le dosi ci sarebbero) la maggiore parte degli ultra settatantacinquenni e da lì poi scendere sempre e solo per fasce di età. Lo abbiamo scritto su queste colonne numerose volte in questi mesi: il Covid ha una alta letalità soprattutto in quelle fasce di età, poi è un po’ meno pericoloso, ma sempre letale fra i 60 e i 70 anni e a scendere il rischio mano mano si riduce, fino a diventare quasi irrilevante al di sotto dei 50 anni. Quindi ha ragione Draghi: bisogna mettere al sicuro prima di ogni altro chi rischia di morire per il virus. Non lo abbiamo fatto fino a qui, perché si è deciso di mettere in sicurezza prima tutte le professioni sanitarie indipendentemente dalla età, poi le forze armate indipendentemente dalla età, e il personale della scuola che in gran parte è giovane. Questo è accaduto in tutta Italia, e qua e là si sono infilate altre categorie "professionali" che si ritenevano più necessarie di altri italiani come magistrati, avvocati, cancellieri e anche qualche politico, giornalista, o semplice amico degli amici.

 

Ha ragione Draghi: in Italia si continua a morire anche dopo un certo numero di vaccinazioni perché sono stati protetti milioni di italiani che non rischiavano affatto la vita e restano ancora troppo vulnerabili milioni di italiani che se prendono il virus possono lasciarci la pelle.

Questo è anche un «problema di coscienza», come ha detto il premier, di ciascun cittadino: «Con quale coscienza si è saltata la fila per vaccinarsi prima dei fragili e degli anziani?». Vero, verissimo. Ma non può sfuggire a Draghi che non è un passante fra i tanti, che non è solo un problema di coscienza. È un problema politico che deve sentire prima di tutti il governo. È responsabilità del governo che c’era prima se tutto questo è accaduto, ma lo è anche del governo in carica adesso. Cosa è mai quello stato di emergenza per la pandemia che l’Italia dichiara da un anno anche a sproposito, se non lo strumento ideale per decidere (non suggerire, imporre) a livello centrale la cosa più importante di tutte: il criterio delle vaccinazioni? Eppure si è lasciato e si lascia ad ogni Regione fare quel che si preferisce, e dove le lobby sono più potenti si sono imposte le proprie necessità a quella così delicate della salute nazionale. Toccava e tocca a Draghi impedire questo, come prima toccava a Conte. Lui ha ragione, stra-ragione. Ma non gliela si può dare quella ragione, perché fin qui ha fatto l’esatto opposto di quel che dice. Ieri è stato evidente quando nel suo sfogo è inciampato in una clamorosa gaffe, dicendo: «Smettetela di vaccinare chi ha meno di 60 anni, i giovani, i ragazzi, gli psicologi di 35 anni, queste platee di operatori sanitari che si allargano...». Quel povero anonimo psicologo di 35 anni magari si è vaccinato- come quelle platee allargate di operatori sanitari- perché proprio Draghi ha messo la sua firma il primo aprile su un decreto legge che all’articolo 4 stabilisce l’obbligo vaccinale per tutti loro. Anche per lo psicologo di 35 anni, che se non lo fa (lo stabilisce sempre il decreto) rischia di non lavorare più e perdere lo stipendio se è dipendente o chiudere lo studio se è libero professionista fino al prossimo 31 dicembre. Quindi Draghi non può prendersela con chi si vaccina perché minacciato proprio da Draghi se non lo fa.

 

Il giorno prima di questo sfogo per altro il governo ha firmato con industriali e sindacati un protocollo per vaccinare- indipendentemente dall’età- dentro le imprese tutti i lavoratori dipendenti che lo vogliano a partire dal mese di maggio. Deve esserci qualche confusione all’interno dell’esecutivo se il lunedì si decide una cosa e il martedì la si prende di mira augurandosi che si faccia il contrario. È la stessa confusione che c’è sul vaccino AstraZeneca, perché ieri la sola risposta (nonsense) arrivata da quella conferenza stampa è venuta dal professore Locatelli che ha precisato che «non è vietato fare quel vaccino anche al di sotto dei 60 anni». Che vuole dire che non è vietato ma che è preferibile farlo fra i 60 e i 79 anni? Comunicazioni così avrebbero senso in un paese in cui tutti i vaccini sono presenti in farmacia, e ogni italiano può scegliere quello che preferisce. Allora sì il governo e il suo Cts potrebbero dispensare saggi consigli . Ma non c’è questa libertà in Italia e manco è prevista. Quindi il governo deve decidere, non fare moral suasion come era abituato Draghi in Banca di Italia o alla Bce. Ma il premier non l'ha ancora capito.
 

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