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L'intervista a Giorgia Meloni: "Mario Draghi sbaglia come Giuseppe Conte. Sostegni insufficienti"

Carlo Solimene
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"La ristorazione, il fiore all'occhiello della nostra economia, è diventata il capro espiatorio dell'incapacità del governo". E' lapidaria Giorgia Meloni, nello stroncare le mosse dell'esecutivo su ristori e chiusure. E al ministro Roberto Speranza, che invita  l'opposizione a «non soffiare sulle inquietudini degli italiani», la leader di FdI replica dura: «Gli italiani sono inquieti a causa di un esecutivo che, dopo un anno di pandemia, non ha ancora una strategia per la ripartenza». 

Presidente Giorgia Meloni, il governo Draghi ha tagliato il traguardo dei 50 giorni eppure, sul fronte del contrasto alla pandemia, la svolta tanto attesa non sembra esserci stata. Qual è il suo giudizio?
«Sulla pandemia si continuano a fare gli stessi errori di sempre e il governo Draghi persevera nella strategia fallimentare adottata fin dall'inizio dell'emergenza Covid. Un anno dopo siamo praticamente al punto di partenza ed è surreale che nessuno a Palazzo Chigi abbia l'umiltà di interrogarsi di capire cosa ha funzionato e cosa no. Si continua con la politica delle chiusure generalizzate invece di intervenire sui reali focolai di contagio, a partire dal trasporto pubblico. La rimozione di Arcuri è il minimo che questo governo potesse fare, ma paghiamo lo scotto di aver perso mesi preziosi e di non aver organizzato per tempo una campagna vaccinale che tenesse conto delle reali priorità. Lo Stato avrebbe dovuto stabilire chiaramente che si sarebbero vaccinati per primi i più anziani e i più fragili. Se lo avesse fatto, avremmo ridotto di molto il numero di morti. Non si è fatto, e abbiamo dovuto assistere anche allo scandalo dei "furbetti del vaccino". Tra questi anche qualche presunto vip. Non si investe ancora abbastanza sulle cure domiciliari e sulle terapie nella fase precoce, la chiave di volta per abbattere la pressione sui nostri ospedali ed evitare il collasso delle nostre strutture sanitarie. Sono temi che Fratelli d'Italia pone ormai da un anno, ma continuiamo a rimanere inascoltati». 

Nell'ultimo decreto il governo di fatto ha chiuso alla riapertura delle attività di ristorazione per tutto il mese di aprile. Eppure, non ci sono dati scientifici che dimostrano che ristoranti e bar siano potenziali focolai. Secondo lei è stata una decisione giusta?
«Assolutamente no. Si continua a fare la scelta più facile: chiudere tutto e scaricare su ristoratori, baristi e gestori di locali le proprie responsabilità. Il Governo ha scelto di identificare il comparto Horeca (Hotellerie -Restaurant-Café, ndr) come uno dei capri espiatori della sua incapacità. Un'eccellenza del nostro sistema produttivo viene massacrata e contemporaneamente favoriamo le multinazionali del delivery, che incentivano anche i consumatori a utilizzare la moneta elettronica, su cui si pagano le intoccabili commissioni alle banche. Insostenibile. Sono al fianco di tutti coloro che da Nord a Sud stanno manifestando: il governo deve risolvere il problema dei trasporti pubblici e degli ingressi illegali in Italia, e lasciare alle imprese e alle attività che rispettano tutte le normative anti -contagio e i protocolli di sicurezza la libertà di lavorare. È un diritto sacrosanto, sancito dalla Costituzione». 

 

 

Sul fronte dei ristori ritiene che - dal punto di vista delle somme e della tempistica - sia stato fatto tutto il possibile? Fratelli d'Italia come avrebbe sostenuto le categorie più in difficoltà? 
«Il decreto Sostegni è totalmente insufficiente a impedire che centinaia di attività falliscano. Il decreto riconosce aiuti che vanno solo dall'1,7% al 5% del calo del fatturato del 2020 rispetto al 2019. C'è veramente qualcuno che pensa che un ristoratore che ha perso centinaia di migliaia di euro si salverà col 2% di ristoro? In compenso continuiamo a spendere soldi in mille rivoli inutili, come la proroga dei navigator. In questo momento serve concentrare ogni risorsa disponibile per salvare il nostro tessuto produttivo. Per questo avevamo chiesto a  Draghi di sospendere il cash back e destinare i 5 miliardi ora impiegati nell'ideologica lotta al contante ai ristori, ma ci ha detto di no. Mercoledì sarà discussa in Senato la mozione di FdI proprio sull'abolizione del cashback e vedremo come voteranno le varie forze politiche. Inoltre, da mesi chiediamo al governo di intervenire per abbattere i costi fissi, come affitti e bollette. Solo così possiamo cercare di aiutare le aziende italiane a sopravvivere e ripartire. Anche perché sul fronte del Fisco arrivano sempre cattive sorprese». 

A cosa si riferisce?
«Penso alla beffa della tassa sui rifiuti che ha raggiunto, l'anno scorso, il livello record di 9,73 miliardi, con la pressione fiscale passata dal 42,4% del 2019 al 43,1% del 2020 come certificato dall'Istat, con una pressione fiscale reale ben più elevata, stimata oltre il 48%. Con queste premesse, è necessario sin da subito iniziare a programmare riaperture progressive in sicurezza: non si può attendere oltre».

Su riaperture e ristori crede che la voce delle forze di centrodestra al governo si sia fatta sentire con sufficiente forza?
«Stanno sicuramente facendo del loro meglio, e possono contare sul sostegno di Fratelli d'Italia anche dall'opposizione, ma in politica vince chi ha più numeri. E al governo e in Parlamento i numeri li hanno il Pd e il MSS. La matematica non è un'opinione».

 

 

Se dovesse rendersi necessario, come sembra, un nuovo scostamento di bilancio, quale sarà il vostro comportamento in Parlamento?
«Abbiamo già votato in passato gli scostamenti di bilancio per non privare famiglie e aziende italiane degli aiuti di cui avevano bisogno in un momento così drammatico. Ma serve un cambio di passo: non si può più chiedere al Parlamento di autorizzare altro extradeficit e poi spendere quelle risorse in provvedimenti che non servono a nulla. Chiediamo a Draghi di sapere nel dettaglio cosa intende fare con queste risorse e poi Fratelli d'Italia valuterà se votare oppure no».

Il Governo lascia chiusi ristoranti ma riapre le scuole...
«Sì, ma Draghi in conferenza stampa ha ammesso che il problema dei contagi non sono tanto le scuole ma i trasporti, su cui incidono gli spostamenti degli studenti delle scuole superiori. I nostri ragazzi stanno pagando un prezzo altissimo, la Dad è un disastro senza precedenti, le famiglie sono esasperate. Mettere in sicurezza i nostri figli e far ripartire la didattica in presenza è possibile ma si può fare con provvedimenti di buon senso. Penso al coinvolgimento del privato nel trasporto o alla ventilazione automatica controllata nelle aule, il "modello Marche" che FdI ha proposto a Draghi durante le consultazioni e che ora sembra aver fatto breccia nel Governo. Come dimostra l'annuncio di voler destinare a questo intervento 150 milioni di euro».

In generale nelle ultime settimane c'è stato un tentativo, da parte dell'esecutivo, di riprendersi competenze dalla scuola ai vaccini - a discapito delle Regioni. In particolare, proprio ai governatori, specie sulla campagna di immunizzazione, sono state attribuite le responsabilità di ritardi e disservizi. È d'accordo con queste scelte?
«Le chiacchiere stanno a zero. La colpa principale delle inefficienze è dello Stato centrale. Lo dice l'articolo 117 della Costituzione: lo Stato può avocare a sé tutte le competenze necessarie per la profilassi internazionale, cioè tutto quello che serve per combattere la pandemia. Se lo Stato reputa che una o più Regioni non siano efficienti, può avvalersi di quanto previsto dalla Costituzione. Lo abbiamo ribadito anche a Draghi quando si è insediato».

Il ministro Speranza ha detto che non si possono fissare date per la ripartenza perché si illuderebbero i cittadini. Al tempo stesso ha invitato le opposizioni (e pezzi di maggioranza...) a non soffiare sul malcontento. Che ne pensa?
«Non so esattamente cosa intendesse dire il ministro. Se gli italiani sono inquieti è perché sono esausti di subire scelte senza senso, di fare sacrifici che non portano a nulla e di avere un governo che naviga a vista e non ha una strategia per consentire all'Italia di ripartire. Se gli italiani hanno paura è perché le scelte sulla lotta alla pandemia, sui ristori e le riaperture sono le stesse del governo precedente. Ma per fare le stesse cose di Conte ci tenevamo lui e non c'era alcun bisogno di scomodare Draghi».

 

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