Governo, battaglia della Lega contro il Pd. La sinistra non voleva deroghe al Decreto Covid
Ci vuole la stoffa del combattente. Che Matteo Salvini ha messo in campo assieme a Giancarlo Giorgetti per non far subire agli italiani la zona rossa ad aprile persino se i dati sanitari nei vari territori dovessero migliorare. La giornata del leader leghista è stata assai impegnativa, in costante contatto con Mario Draghi e i ministri leghisti per il decreto sul contrasto al Covid. E poi un faccia a faccia, diretto e abbastanza duro, con il ministro della salute, Roberto Speranza. La solita sinistra che ci vuole tutti reclusi in casa.
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E in consiglio dei ministri ci sono state scintille: con il presidente del Consiglio da una parte, Speranza e Dario Franceschini dall'altra. Il decreto vale dal 7 al 30 aprile per quel che riguarda i «colori» delle regioni. Pd e Leu - ma anche Patuanelli per i Cinque stelle - volevano barrare l'Italia fino a maggio. Ma proprio Draghi si è impegnato, nonostante i pruriti dei ministri di sinistra ma con l'apprezzamento di Giorgetti, a una verifica settimanale per decidere se e dove riaprire. Il perché lo spiega proprio il segretario leghista: «Il governo valuterà eventuali riaperture dopo Pasqua, basandosi su dati scientifici e sull'efficacia del piano vaccinale. In altre parole, alcune aree del Paese potrebbero tornare gialle già ad aprile. È la risposta positiva alla richiesta della Lega».
Italia in zona rossa ed arancione fino a maggio: doccia fredda per Salvini
«Tutte le regioni chiedono il ritorno ai colori, per determinare aperture e chiusure su parametri scientifici» ha ribadito Salvini. Che ha fatto un esempio concreto ai suoi interlocutori: «La Sardegna ha problemi in dieci comuni su 370 e oggi sarebbe gialla. Perché punirla fino a maggio?». In pratica la Lega - ma va detto anche Forza Italia - ha diradato un po' di nubi e ora si può sperare in qualche cambiamento. Si potrà derogare alla chiusura di aprile in base all'andamento dell'epidemia e alla campagna vaccinale. Ci sono volute ore per arrivare alla mediazione di cui si è fatto carico il premier, con la tenace resistenza.
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