il caso

Ambrogio Crespi, la mobiltazione per scarcerare il regista condannato per mafia: "Date la grazia"

Francesco Storace

Non capita spesso che ci si mobiliti per chi è condannato col marchio della mafia. E invece nel caso di Ambrogio Crespi cresce un grandissimo movimento di solidarietà verso una persona per bene finita in carcere. E nessuno crede alla sua colpa. Sulle onde di Radio Radicale ieri un mare di testimonianze in quella che si sta trasformando in una campagna per la concessione della grazia. Perché Ambrogio Crespi – afferma con una definizione efficace Sergio D’Elia – non deve essere riabilitato: è lui che riabilitato tantissima gente.

All’iniziativa di ieri hanno aderito in molti, anche su spinta di Nessuno tocchi Caino, con il lavoro condotto da Elisabetta Zamparutti. Anche se in questo caso si potrebbe dire che stanno toccando Abele, che davvero non merita la galera. Anche un magistrato del livello di Gherardo Colombo ha voluto spendere parole per Crespi, così come toccante è stato l’intervento di Luca Telese ed emozionanti le parole di Italo Bocchino, direttore editoriale del Secolo d’Italia. Ma la galleria di personaggi intervenuti – compreso Pietrangelo Buttafuoco – è stata davvero lunga, a straordinaria testimonianza della ferita con cui si è colpito tantissime persone che conoscono Ambrogio Crespi, altro che mafia… E si è toccata con mano l’emozione del fratello Luigi (“Ambrogio è un uomo fortunato, perché decine di persone vogliono raccontare la sua storia”). E l’orgoglio di sua moglie, Helene, impegnata in prima persona in questa battaglia di libertà.

  

Poi, le parole preziose di Santi Consolo, già capo dell’amministrazione penitenziaria: "Le istituzioni ai massimi vertici in questo specifico caso, che ha tutti i caratteri della eccezionalità e del tormento che deve essere presente in tutti noi per una possibile sofferenza che Ambrogio non merita, si dovrebbero fare carico di un atto di clemenza, come potrebbe essere la grazia concessa dal Presidente della Repubblica. Non vedo altre vie nell'immediato". In un passaggio del suo intervento, Santi Consolo ha affermato: "Non voglio esprimere giudizi su chi ha giudicato Ambrogio Crespi, ma ci sono degli indici di perplessità enormi che devono pervadere tutti noi", intanto la pena del processo "ha distrutto una persona". L'ex capo del Dap ha ricordato l'incontro con Crespi. "Quando l'ho conosciuto, ho subito avvertito tutte le qualità, ricordate nelle tante testimonianze che sono susseguite. Soprattutto mi hanno colpito la sua bontà, l'intelligenza e la sensibilità. Un'opinione condivisa, a quanto pare. Se questo è Ambrogio, che programma di reinserimento sociale si può configurare per lui?".

E ancora, l’avvocato Marcello Elia, che di Ambrogio Crespi è stato difensore al processo. "Ci dobbiamo guardare in faccia: si tratta di un sistema, che nel rispetto perlomeno apparente delle regole, ha portato in carcere un innocente. Un concetto da tenere presente, mai come in questa vicenda è di una evidenza incredibile. Nel processo Ambrogio è completamente assente, non c'è una condotta, non c'è un fatto ascritto ad Ambrogio. Ci sono due persone che parlano di lui ma, attenzione, una di queste è stata condannata a più di 20 anni di carcere scontando la pena in un manicomio criminale, ritenuto incapace di intendere e di volere". E grazie a questa gente, Crespi si è beccato sei anni di galera. Con la pubblica accusa che lo voleva prosciolto dal reato di mafia.