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Laura Boldrini, il caso dell'ex presidente della Camera: femminista solo con gli altri

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Pietro De Leo
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A seguire la parabola dei fondamentalismi ideologici si scoprono grandi cose. Tipo che anch’essi sono sottoposti ad “obsolescenza”, come i software dei telefonini. Solo che in questo caso non è programmata, ma involontaria. E risiede nel fatto che, prima o poi, i propagatori di questi dogmi finiscono per contraddirli, in maniera clamorosa e per loro rovinosa. L’esempio di scuola è quello di Laura Boldrini.

Oramai, si è completata la querelle iniziata dallo scoop sul Fatto Quotidiano di Selvaggia Lucarelli che ha dato conto delle rimostranze di una ex collaboratrice domestica e un’ex assistente parlamentare della fu Presidenta. Perché quest’ultima, in un’intervista a Repubblica, ha replicato a tutte le “contestazioni”. Che, in poche parole, erano queste: l’ex colf le imputava di non aver versato la liquidazione. E qui l’attuale deputata Pd ha detto che il confronto tra la sua commercialista e il Caf cui si è rivolta la per individuare il quantum da versare è in via di risoluzione. Ma il meglio viene con l’ex assistente parlamentare. A quanto pare, ad un certo punto le due  non si sono più trovate per motivi logistici (la collaboratrice aveva chiesto di lavorare in smart working dalla Lombardia per sopravvenute esigenze, ricevendo un no come risposta). Ma tra le pieghe emerge come la l’assistente fosse chiamata a compiere lavori non proprio ritagliati sul ruolo. Aspetto confermato anche nell’intervista a Repubblica in cui Laura Boldrini dice la sua versione.

“Lei – domanda l’intervistatore - le ha chiesto di andare in farmacia e di ritirare le giacche dal sarto?” Risposta: “Sì, ma era nei patti. Sapeva che avevo anche delle esigenze personali”. E aggiunge: “vivo sola, mia figlia è all’estero, non mi muovo in autonomia avendo una tutela”. Quando poi le viene chiesto se tra i compiti di un’assistente parlamentare esista anche prenotare il parrucchiere, risponde: “non accade solo a me, ma a tutte le persone che hanno agende complesse: dispongono di persone di fiducia per simili incombenze. Un uomo può chiedere aiuto alla compagna, una donna no”. Se stiamo sul realismo pratico, nulla da dire. Ma in linea di principio, quando detto dalla fu presidenta fa un po’ cadere le braccia. Pensavamo che la sua protezione assoluta e sacrale del ruolo della donna andasse al di là del tempo, dello spazio e soprattutto delle proprie esigenze.

D’altronde, da Presidente della Camera la ricordavamo combattiva persino contro le pubblicità in cui comparisse una donna che porta il pranzo alla famiglia riunita. “Non può essere concepito normale – tuonava nel lontano 2015 - uno spot in cui i bambini e il papà sono seduti e la mamma serve a tavola”. Insomma, una mamma che porta la pirofila con gli spaghetti no e utilizzare una collaboratrice parlamentare per prenotare il parrucchiere sì? Se si sceglie la partita moralista, poi tocca giocarla sino in fondo. Quanto alla sua “agenda complessa”, a giudicare dalla sua attività parlamentare non si direbbe granché. Stanno ai circa mille giorni di attività nella legislatura, infatti, risulta essere prima firmataria di 8 proposte di legge, e cofirmataria in 18 presentate da altri colleghi. Ha presentato 49 atti di controllo e indirizzo, di cui 25 interrogazioni a risposta in commissione. Ha pronunciato 48 interventi in assemblea fra ordini del giorno, dichiarazioni di voto, emendamenti e 74 interventi nelle commissioni. Insomma, in tre anni non propriamente un lavorone. Moralismo per moralismo, il tempo per ritirarsi da sé “le giacche dal sarto” forse ci scappava. 

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