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Ogni Stato a modo suo. La telenovela AstraZeneca tiene ancora in scacco l'Ue

Francesco Storace
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Stavano per trasformare la vaccinazione anti Covid in una barzelletta e per fortuna la maggior parte dei paesi si sono fermati un minuto prima del burrone. Ma la gara a chi fa più confusione continua ancora e non si sa per quanto tempo. 

La telenovela Astrazeneca è cominciata con un errore colossale, è finita – è finita? – facendo finta di nulla, ma c’è anche qualche luogo che prosegue seminando dubbi e contribuendo a distruggere l’immagine dell’Europa sanitaria.

 

Prima una serie di paesi si mette all’inseguimento della potente Germania che denuncia qualche caso di trombosi come reazione avversa; sulla scia un nugolo di altre nazioni, comprese Italia e Francia, sospende l’uso di AstraZeneca. Mandando così in frantumi la credibilità di campagne di vaccinazione con cui si tenta di far sparire il virus dalla faccia della terra.

 

L’agenzia europea del farmaco che ci mette giorni e giorni per dire che tutto va bene e che semmai bisogna modificare un po’ il bugiardino, e questo già fa ridere di suo. Ma almeno – e questo è più serio – si nota che le statistiche sono quelle comuni a tanti altri casi di malattie e che non c’è da preoccuparsi.

 

In attesa del verdetto Ema, erano stato Emmanuel Macron e Mario Draghi a gonfiare il petto per giurare che un minuto dopo il sì dell’Ema i due paesi avrebbe ricominciato a gonfie vele a vaccinare i rispettivi popoli.

Poi, arriva la Finlandia a sospendere per almeno una settimana. Dubbi anche dalle parti della Norvegia. Infine, la rottura del granitico asse Roma-Parigi. Noi diamo AstraZeneca a tutti, i francesi si fermano agli ultracinquantacinquenni.

Tutto questo rischia di provocare danni. Nel momento in cui l’autorità del farmaco dà il via libera, non possono essere gli Stati a bloccare tutto. Perché se non c’è fiducia nelle istituzioni comunitarie – che pure fanno a gara a lanciare interrogativi – allora non ci si rivolge ad esse. Ciascuno ha la propria agenzia del farmaco e fa decidere ad essa. Come per lo Sputnik: se decide l’Aifa, invece bisogna aspettare l’Ema. E poi comincerà una nuova tarantella?

 

La stessa Von der Leyen ci ha tenuto a ricordare a tutti l’importanza che l’Europa ha avuto per la gestione del contrasto al Covid e la necessità fondamentale di camminare tutti uniti. Ma se la Finlandia sospende il vaccino "liberato" e la Francia lo autorizza parzialmente, sembra quasi che AstraZeneca debba spaventare più del virus.

Chissà se placherà i bollori la nota diffusa ieri dall’organizzazione mondiale della sanità, che ha messo nero su bianco l’inesistenza di una «una relazione causale tra gli eventi rari» di trombosi e il vaccino contro il Covid-19 di AstraZeneca. «I benefici del vaccino AstraZeneca sono superiori ai rischi: non c’è un’incidenza maggiore di trombosi nei vaccinati e che il vaccino anglo-svedese rappresenta "un enorme potenziale" per prevenire i casi di Covid».

Se neanche questo è sufficiente, non c’è più motivo per associarsi a queste organizzazioni e finanziarle. Ma il compito degli Stati è alimentare fiducia e non il contrario. E almeno difendere le proprie decisioni, senza rimetterle in discussione nel tempo di una singola iniezione.

Ecco perché c’è probabilmente bisogno di una grande campagna di persuasione, assieme all’organizzazione della macchina affidata al generale Francesco Paolo Figliuolo. Il vento Novax tornerà a soffiare in assenza di indicazioni chiare col rischio di rallentare la macchina. Non servirà parlare di obblighi vaccinali, ma lavorare finalmente seriamente per uscire dalla pandemia. In fondo lo chiede un popolo che ha subito un autentico martirio con le sue centomila e passa vittime.
 

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