Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Caos in Molise, dopo la pasta Molisana arriva il pasticcio tricolore

Esplora:

Francesco Storace
  • a
  • a
  • a

Qualche spiritoso uscito male ama sganasciarsi dicendo che “il Molise non esiste”. E invece per certa politica esiste eccome, un pozzo di san Patrizio che serve a vivere meglio. Benvenuti nel regno di Cetto la Qualunque, dove si può tentare la sorte. La fine dei partiti ha determinato lo sterminio della politica. Sempre più simile ad un mestiere malandrino dove le parti si intrecciano, e può capitare persino un partito – che ovviamente a Roma non può saperne nulla – che in regione conti su un consigliere in giunta a due all’opposizione.

Insomma, se fino a qualche settimana fa a far discutere era La Molisana, la pasta accusata di nostalgia di fascismo, adesso siamo al pasticcio tricolore. Un paio di giorni fa undici consiglieri su 20 hanno presentato una mozione di sfiducia al governatore, Donato Toma. Che quindi doveva andare a casa per la volontà degli otto dei gruppi di opposizione, più tre consiglieri che erano di maggioranza. Uno, Michele Iorio, antico ras regionale, eletto con una propria lista civica e recentemente approdato a Fratelli d’Italia. Un’altra, la capogruppo della Lega Aida Romagnuolo, rimasta titolare dell’incarico anche se espulsa da Matteo Salvini e pure lei neoiscritta a Fdi. Terza firmataria, un’altra ex leghista, pure allontanata dalla Lega, e iscritta al gruppo misto. È Filomena Calenda, la protagonista dell’House of Cards molisana. La mattina, tutti e tre, hanno firmato la mozione di sfiducia. La sera, la Calenda si è attovagliata come assessore al lavoro e alle politiche sociali con la giunta che poche ore prima voleva carbonizzare. Lasciando a terra Iorio e la Romagnuolo, compatiti dall’assessore di Fdi Pallante, salvato dal cambio di casacca della Calenda assieme a tutta la giunta regionale.

Risultato: fatto fuori l’assessore esterno leghista, Michele Marone. E così, il partito che con l’8 per cento alle regionali ha determinato la vittoria del presidente Toma (più 5 alle elezioni sul rivale pentastellato) si trova fuori da giunta e consiglio. Perché Salvini aveva espulso le due elette proprio per la guerra fatta al precedente assessore leghista, Luigi Mazzuto.

Sui social i toni sono aspri davvero, perché una cosa del genere è davvero difficile da apprezzare. Il trasformismo raggiunge vette inarrivabili, si sostiene. Ma purtroppo non solo dalle parti del Molise. Perchè gli ultimi a poter esprimere indignazione sono quelli dell’opposizione: grillini e sinistra hanno poco da recriminare in materia di camaleontismo. La scuola della caccia ai responsabili, se è fallita a Roma, ha fatto scuola in Molise. E poi, dopo i cambi di casacca alla regione Lazio con i pentastellati approdati addirittura nella giunta di Nicola Zingaretti devono fare solo silenzio. Tanto più che non fiatano neppure di fronte agli arresti che squassano quella giunta regionale, alle sirene che impazzano tra rifiuti e mascherine.

Contro Toma non è bastata la sfiducia tentata e bruciata per un voto. Ma forse l’onore della politica meriterebbe un sussulto di dignità da parte della giunta fortunosamente in carica. Perché in giro c’è gente che soffre e davvero tra chi governa e chi si oppone è difficile trovare qualcuno all’altezza della situazione. La strada di casa forse è la migliore per tutti. 

 

Dai blog