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Meglio il "parla come magni" del politicamente corretto

Francesco Storace
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La differenza tra europeisti ed euromani sta tutta in un glossario. Dovrebbero farne poltiglia nell’emiciclo di Strasburgo: strappare davanti agli occhi e alla poltrona di David Sassoli l’incredibile dizionario del politicamente corretto. La denuncia su una robaccia irricevibile viene da una deputata europea della Lega, Simona Baldassarre, che ha messo a nudo i preoccupanti suggerimenti («evitare-preferire») contenuti nel Glossario per la «comunicazione interna ed esterna», pubblicato dal Parlamento dell’Unione.

Non inorridite, leggete e fate il contrario di quel che vi suggeriscono sulle parole da evitare e quelle da preferire. Piazza d’onore ovviamente a padre e madre: parolacce da evitare, l’Europa preferisce «genitori», sarà più facile aggiungere i numeretti uno e due. C’è la «spiegazione»: «È importante riconoscere la diversità a livello della composizione familiare». Il matto non è matto, ma solo «una persona con disabilità psichico-sociale», e ti pareva che la colpa non fosse sempre del «contesto». Non sei cerebroleso, ma sei una «persona con lesione cerebrale». Cerebrale, non celebrare.

 

 

E le «note» a margine spiegano pure come si campa. «Non bisogna adottare un linguaggio o un atteggiamento pietisti», tipo «povero infelice, poverino, ha una disabilità». L’Europa ci spiega che non è corretto e bisogna «porre l’accento sugli ostacoli posti dalla società». La prossima edizione del manuale vieterà anche una carezza solidale. Se vuoi cambiare sesso, non devi parlare dell’operazione a cui vuoi sottoporti. Da ora in avanti si dovrà fare riferimento alla «chirurgia affermativa di genere». E occhio a non confonderti con l’orientamento sessuale. La parola d’ordine è «l’identità di genere» che vuol dire - spiega il prezioso manuale scovato dalla Baldassarre - «la percezione di sé come uomo o come donna o in una condizione non definita». Chissà come si vestirà domattina quello/a dell’agenzia delle entrate per accalappiarci meglio. «Qual è il suo nome vero?», una domanda che potrebbe diventare un reato. Per non incorrere in peccati penale meglio parlare di «nome assegnato».

 

 

Quello che un tempo si definiva «negro» adesso ha un’infinità di traduzioni «corrette»: «Afrodiscendente, nero, afroeuropeo, africano europeo, nero europeo, afrocaraibico, nero caraibico, afroitaliano». E poi di corsa in farmacia per il mal di testa. Il clandestino diventa un «migrante irregolare». Ovviamente non sempre può andare liscio incontrando l’altro. E in quel caso il glossario suggerisce di «chiamare le persone con il termine che preferiscono. Nel dubbio chiedere». Monsieur. Siamo al galateo. E soprattutto «non generalizzare eccessivamente facendo riferimento ad "africani" o "arabi"». E se non li chiamassimo proprio? Una persona bassa di statura è giusto non definirla «nana». L’Europa esagera un po’, però, definendola «persona con acondroplasia». E tantissime altre perle del genere.
Chissà quanto costano questi consulenti sciupasoldi a cui si commissionano lavori di tal fatta. Ci sarebbe una modalità gratuita da suggerire ai «tecnici» di Sassoli: parla come magni.

 

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