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Nasce la casta del vaccino. I politici voglio essere immunizzati subito

Pierpaolo La Rosa e Dario Martini
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Ci sono 34 senatori che chiedono al ministro della Salute, Roberto Speranza, di vaccinare «con urgenza» tutti gli onorevoli che siedono sui banchi di Palazzo Madama. Perché - sostengono - «considerando sia l’età media che il ruolo che svolgiamo, non siamo meno a rischio di docenti, membri delle forze armate e altre categorie considerate prioritarie dal nuovo piano urgente per le vaccinazioni». Tutto messo nero su bianco in una interrogazione, del 4 marzo scorso, nata su iniziativa di Paola Binetti (Udc) che ha assicurato di «non voler saltare la fila», ma solo di «considerare le circostanze».

 

Qualcuno penserà: in effetti i senatori hanno un’età avanzata e hanno tutto il diritto di ricevere il siero contro il Covid. Questo ragionamento non fa una piega. Ma se i firmatari dell’interrogazione fossero tutti over 80, molto probabilmente il vaccino lo avrebbero già ricevuto. Allora siamo andati a vedere l’età media di questi parlamentari, e abbiamo scoperto che è di 60,5 anni. Non si comprende, quindi, per quale motivo debbano ricevere il vaccino prima di chi rientra nelle fasce d’età superiori, come tra l’altro ha stabilito proprio il governo Draghi che, giustamente, ha introdotto un principio «a scalare». Ovvero, si parte da chi ha un’età più avanzata e si scende progressivamente verso le fasce più giovani.

 

I firmatari dell’interrogazione, però, vogliono essere trattati come il personale scolastico e le forze dell’ordine. Perché ritengono di lavorare in prima linea come poliziotti, carabinieri, insegnanti, medici ed infermieri. Binetti & Co. si lanciano anche in una previsione: «In Senato - si legge nell’atto depositato - attualmente ci sono 15 senatori, che sono stati colpiti dal virus Covid-19, e nelle proiezioni che gli epidemiologi esperti fanno di questo indice, è realisticamente possibile supporre che entro la fine del mese potrebbero essere colpite almeno 50 persone, rendendo di fatto problematico lo svolgimento delle attività parlamentari. Situazione altamente probabile».

 

Proprio così: entro fine marzo ci saranno almeno 50 senatori contagiati. La conseguenza sarà il blocco del Senato. Gli onorevoli, infatti, scrivono che «l’età media dei senatori, alcuni dei quali con patologie pregresse, e le condizioni di stress e di rischio che i viaggi settimanali comportano per loro, oltre alla molteplicità delle relazioni che, sia pure con la massima prudenza, sono tenuti a mantenere in virtù del loro lavoro», li espone ad un rischio troppo alto.

Forse, non sanno, però, che chi ha delle patologie è già inserito nelle categorie prioritarie. Per quanto riguarda lo stress, invece, qui si finisce in un terreno abbastanza scivoloso. Fatto sta che i firmatari dell’interrogazione chiedono a Speranza se «non ritenga ormai utile, necessario e improcrastinabile procedere alla vaccinazione urgente dei senatori».

Abbiamo chiesto ad alcuni di loro se, inoltrando questa richiesta a Speranza, non si siano posti il problema di apparire come i soliti privilegiati che vogliono fare il vaccino prima degli altri.

«Non c’è alcun privilegio di casta - ci risponde Andrea Cangini, 52 anni, di Forza Italia - è una retorica che non porta a nulla di buono. Il punto non è salvare dal contagio il singolo parlamentare, ma riconoscere la funzione pubblica della categoria. Io non ho particolari smanie di vaccinarmi subito, ma il Parlamento va rispettato».

Anche Silvia Vono di Italia Viva, 52 anni compiuti oggi, parla di «ruolo del parlamentare a tutela dei cittadini: non è una questione di casta, ma di logica e di buon senso». Quindi guai a parlare di «privilegi», «io - afferma l’esponente di IV - sono già a rischio per le patologie che ho. Noi lavoriamo ore ed ore in ambienti chiusi con il rischio di contagiarci. Mi dà fastidio questa strumentalizzazione della politica».

 

Mentre Andrea de Bertoldi, 54 anni, di FdI, ne fa un problema pratico: «Se potessimo votare da remoto non ci sarebbero problemi - osserva - anche se considero comunque la votazione a distanza un’eventualità pericolosa».

C’è poi chi ne fa un discorso di vicinanza alla Binetti, come l’azzurra Gabriella Giammanco, la più giovane dei firmatari con i suoi 43 anni: «Aspetterò il mio turno volentieri - ci dice -, ho sottoscritto l’interrogazione per solidarietà nei confronti della senatrice Binetti, una donna di 77 anni che viaggia, incontra persone e trascorre ore in un’Aula piena di gente».

Ma c’è anche chi si è pentito di aver abbracciato questa crociata. È il caso di Michelina Lunesu, 66 anni, della Lega, che in un primo momento faceva parte della schiera dei parlamentari interroganti (era la trentacinquesima): «Non avevo letto bene il testo, l’ho interpretato male - spiega - Pensavo che la Binetti volesse chiedere a Speranza solo quando noi senatori saremo vaccinati. Non appena mi sono resa conto dell’errore, ho ritirato la mia firma».

Per dovere di cronaca, gli altri firmatari sono i senatori Mallegni (52 anni), Galliani (76), Serafini (80), Masini (47), Perosino (69), De Siano (62), Floris (76), Barboni (61), Papatheu (55), Rizzotti (67), Gallone (54), Toffanin (52), Stabile (64), Cesaro (69), Doria (55), Valente (44), Drago (51), Abate (57), Piarulli (52), Steger (56), Parente (60), Iori (72), Craxi (60), Cucca (63), Pisani (62), Moronese (49), Messina (85), Sciascia (78), Alderisi (52) e Binetti (77). Sul totale dei senatori interroganti, 17 di loro hanno meno di 60 anni.
 

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