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Sulla comunicazione la strategia di Draghi: il premier non parla. Ma fino a quando?

Angelo De Mattia
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Fabio Panetta, membro del Comitato Esecutivo della Bce, a proposito dell'azione dell'Istituto in materia sia di rendimenti di mercato in dollari, sia di politica monetaria, confermata e accentuata come espansiva, martedì scorso in un intervento virtuale alla Bocconi, ha fatto ricorso a un brano dei Daft Punk per sottolineare la forza e la velocità con la quale occorre operare, innanzitutto, per chiudere il divario tra produzione e inflazione. Quest' ultima ancora nel 2023 sarebbe non molto vicina al target «intorno ma sotto il 2 per cento» che sancisce l'avvenuto conseguimento della stabilità dei prezzi, attestandosi, invece, all'1,4 per cento.

Dunque, una comunicazione che non si sottrae anche a un riferimento canoro per rafforzare l'efficacia. L'ex capo della Bce, l'attuale Premier Mario Draghi, invece, ha optato, con lo scopo di valorizzare lo spirito di squadra come ha detto la portavoce, per lasciare ai Ministri competenti la illustrazione del Dpcm che entrerà in vigore il 6 marzo. Draghi, che da banchiere centrale, ha dimostrato di essere pure un grande comunicatore, ora decide - almeno così sembra - di non comunicare in prima persona e non perché, come i maligni direbbero, preferisce stare «altrove», bensì per una scelta strategica precisa. Ma fino a quando? Chi avrebbe potuto pensare alla tradizionale conferenza -stampa della Bce dopo le riunioni del Direttivo sulla politica monetaria senza la sua presenza? E l'apoteosi della comunicazione a Londra il 26 luglio 2012, la famosa frase «whatever it takes» per il salvataggio dell'euro, che però arrivava dopo che il Consiglio europeo aveva dato via libera all'acquisto di titoli pubblici da parte della Bce: chi altro avrebbe potuto pronunciarla?

E l'attenzione continua dell'ex Governatore alla «forward guidance» per condizionare d'anticipo le aspettative? Non è pensabile che, pur essendo passato a un ben diverso incarico, Draghi abbia cassato dalla propria mente quella che risulta essere stata sempre una sua particolare predilezione, anche perché ne potrebbe derivare quello che sicuramente sarebbe un grosso equivoco, apparendo superiore la cura dedicata alla comunicazione anche personale nell'esercizio della precedente carica. Ma così non è. Allora è sperabile che si registrino a breve delle novità al riguardo, essendo l'informazione e la comunicazione in genere un preciso dovere istituzionale anche e soprattutto di chi è all'apice del Governo, come lo è il confronto con le richieste di chiarimenti, i dubbi e le critiche che possono essere esposti in occasione delle conferenze stampa. L'«accountability» non tollera casi di «altrove». Finanche il «deus ex machina» - definizione che qualche volta è stata attribuita a Draghi - a un certo punto della rappresentazione scendeva sulla scena, azionandosi un'apposita apparecchiatura (la «machina», appunto). Allora non si pub che essere sicuri che la comunicazione, la quale in queste prime fasi di rodaggio lascia a desiderare, segnerà un salto di qualità, anche perché una diversa condizione non sarebbe ammissibile. Draghi ha tutti gli strumenti per segnare una tale svolta.

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