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Vaccini, l'Ue fa flop ma è vietato parlare in tv

Gianluigi Paragone
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L’altra sera Lilli Gruber se n’è uscita dicendo che le dispiaceva del fallimento dell’Europa sui vaccini perché la cosa avrebbe alimentato le ragioni degli euroscettici e dei sovranisti. Ovviamente si tratta di una frase intrisa non solo di cieco fanatismo ma anche di una certa stupidità giornalistica in quanto la notizia si piega all’opinione. E la propaganda prevale sulla verità. Non è la prima volta. L’Europa non soltanto ha fallito sul piano vaccinale, ma ha fallito su tutta l’emergenza Covid dai suoi primi allarmi ad un protocollo comune. Non è una novità che Bruxelles fallisca sulle emergenze (l’immigrazione è l’esempio più noto, per quanto anche sulle vicende bancarie abbiamo visto le differenze di trattamento).

Il fanatismo che avvolge in una pellicola protettiva ciò che non si può criticare a prescindere è un caposaldo della retorica dei Buoni e dei Giusti: guai a soffermarsi troppo sugli errori di quel che dev’essere preservato nella sua sacralità. L’Europa non ha fallito sui vaccini per una miopia ma perché l’errore si è avvitato nel peccato originale del progetto stesso, ovvero favorire le lobby, le multinazionali, la finanza. La negoziazione con le multinazionali del farmaco era stata protetta dal segreto e la firma sui contratti manda ogni critica alle ortiche: il potere di Big Pharma è nero su bianco, persino nella sua asimmetria. Fatto sta che, nell’emergenza, ora bisogna arrangiarsi con l’aiuto della comunicazione mainstream: il vaccino diventa efficace dopo la sola prima dose; il vaccino preserva l’efficacia anche a fronte delle varianti; le dosi prevalgono sulle fiale e così via. Di balla in balla.

Il paradosso di tutta questa vicenda è che la Gran Bretagna ha fatto meglio di tutti i paesi dell’eurozona superando magnificamente il primo esame del post Brexit. All’Europa pertanto non resta che mettere le toppe e scaricare sui governi e sui cittadini ogni responsabilità, come quella del passaporto vaccinale (corbelleria giuridica visto che in assenza di obbligatorietà vaccinale viene meno il principio della libera circolazione dentro l’Unione europea). Di conseguenza, invece di ammettere che l’Unione non è affatto attrezzata ad essere nemmeno lontanamente alla stregua degli Stati Uniti d’Europa, si procede con la propaganda.

Una tattica analoga si sta seguendo in Italia su tutta la linea. Dei vaccini abbiamo già detto: siamo indietro rispetto alle richieste, mancano le fiale, le strutture e il personale medico/infermieristico. Per fortuna le primule pensate da Boeri e immediatamente fatte proprie dall’aquila Arcuri sono state mandate in soffitta; ma i buchi restano. E non mancheremo di conoscere tutte le falle dell’operazione vaccini non appena la magistratura ci metterà il naso.

Per il momento quel che sta trapelando è legato alle mascherine. In questi giorni non solo assistiamo all’ennesimo passaggio sulle colorazioni delle regioni e pure di qualche provincia, ma ci toccano pure i soliti pistolotti sugli assembramenti e sui cosiddetti atteggiamenti irresponsabili dei cittadini, in pieno spirito “blame the victim” ossia colpevolizza la vittima. La propaganda cela che se c’è una responsabilità in corso non è quella dei cittadini (i quali escono perché possono farlo), bensì di un sistema che da un anno reitera gli stessi errori e le stesse falsità. La faccio breve: la gente esce perché può uscire; ed esce con le mascherine indosso. Eppure nessuno da un anno dice che quelle mascherine, per buona parte, sono il prodotto di “autocertificazioni” garantite dalle case di produzione come se fossimo ancora nella fase emergenziale quando non si trovavano mascherine. Ecco, dopo un anno non è cambiato nulla. Non c’è un format di requisiti comune a tutte le mascherine divise per “tipologia”, non ci sono standard che consentano una omologazione a livello europeo (tipo i caschi per esempio: i caschi non omologati non possono essere messi in commercio): pertanto ci stiamo “proteggendo” con delle mascherine la cui efficacia non è affatto certa, tant’è che prove di laboratorio evidenziano quanto sto dicendo. Striscia la Notizia per esempio aveva “smascherato” l’efficacia delle mascherine realizzate da FCA per conto della Presidenza del Consiglio. E lo stesso sta accadendo per le mascherine Ffp2. Per amor di patria, taccio (ma solo in questo articolo) sulle inchieste in corso che riguardano l’import di mascherine dalla Cina.

Ora, mentre il dito dei media è puntato sugli assembramenti e sulle colorazioni, dopo un anno, gli italiani non sanno la verità sul mercato redditizio dei cosiddetti sistemi di protezione. Eppure la retorica è tutta concentrata sulla irresponsabilità delle persone. Giusto per chiudere, informo che il ministro Speranza da mesi ha alcune mie interrogazioni su questi argomenti e non si degna di rispondere. Forse perché teme di dover raccontare agli italiani che lui è il primo a non sapere quanto siano efficaci queste miracolose mascherine. E che le stiamo indossando soltanto perché non abbiamo voglia di rotture di scatole.

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