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Salta pure Arcuri: l'ultima beffa a D'Alema. Ora "baffino" è davvero fuori da tutto

Il "lìder Massimo" aveva messo le mani su Palazzo Chigi attraverso la vicinanza con Conte e con il Commissario. Ma adesso...

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Si scrive Conte, Arcuri e Amendola. Si legge Massimo D'Alema. Dalle parti di Gallipoli c'è qualcuno che sta masticando più amaro di tutti per l'ultima piega presa dalle politica italiana. Trattasi proprio di Baffino, che pur essendo ufficialmente un pensionato del Parlamento, nell'era del Conte bis aveva acquisito un'importanza sempre più strategica nella principale catena di comando del potere italiano.

Eh già, perché Massimo D'Alema era di Domenico Arcuri il padrino politico, così come anche dell'ex ministro per gli Affari Europei Vincenzo Amendola, seduto su una poltrona cruciale per la gestione del Recovery Fund. Ma, con il tempo, il primo presidente del Consiglio arrivato dal Partito Comunista italiano era entrato nelle grazie pure dell'ex premier Giuseppe Conte. Che proprio a lui si rivolgeva per ottenere i consiglio di un "esperto".

Peccato che di tutti i suggerimenti che D'Alema potesse dare a Conte, si fosse dimenticato del più importante: mai sottovalutare Matteo Renzi. Anzi, c'è che dice che proprio l'eccessiva impronta "dalemiana" sul Conte bis sia stata la molla che abbia fatto scattare la rappresaglia finale di Italia viva. Non è un caso che, quando Renzi sferrava i primi colpi, D'Alema intervenne per difendere pubblicamente Conte: "Non si sostituisce l'uomo più popolare d'Italia perché lo chiede il più impopolare". Si immolava per Giuseppi, ma in realtà tutelava se stesso...

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