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Governo, bufera dem sui sottosegretari: Zampa e Morani all'attacco di Zingaretti

Daniele Di Mario
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Ancora polemiche all'interno del Partito democratico. E sono sempre le donne ad attaccare il segretario Nicola Zingaretti, responsabile di aver fatto fuori Sandra Zampa e Alessa Morani senza neppure fargli una telefonata. «Quello che mi dispiace profondamente è che il mio partito abbia rinunciato alla Salute, non comprendendo il valore di una buona sanità. E soprattutto quanto sia necessario ridurre le disuguaglianze territoriali in modo da dare risposte», dice Sandra Zampa, ex sottosegretario alla Salute, che attacca Zingaretti: «Non ho ricevuto alcuna telefonata. Dal silenzio avevo intuito che non sarei stata della partita. Tuttavia la conferma l'ho avuta nel momento in cui i media hanno diffuso la lista».

Dello stesso tenore le parole della Morani, ex sottosegretario allo Sviluppo Economico. «Sono onorata di aver potuto servire il mio Paese in un momento così delicato, io ce l'ho messa tutta, poi il mio partito ha fatto delle scelte che non vanno attribuite a Draghi», dice la deputata Dem che confida: «Le scelte ovviamente le ha fatte il segretario Zingaretti. Non c'entra niente Draghi. Non mi ha telefonato nessuno» per avvisare della mancata riconferma. Polemiche su polemiche. Anche nel Lazio c'è maretta per la bocciatura dei due ex sottosegretari che per entrare nel governo Conte avevano lasciato il posto da assessore: Lorenza Bonaccorsi (fedelissima di Paolo Gentiloni) e Paolo Manzella. A loro è stata preferita Alessandra Sartore, assessore al Bilancio della Regione Lazio. Zingaretti è accerchiato: costretto a lavorare di bilancino per non scontentare le correnti, messo sulla graticola per l'assenza di ministri del Pd donna, accusato di aver ceduto posti nell'esecutivo e, ora, anche di discriminazione territoriale. 

Zingaretti, pur di mantenere l'unità del Pd ha anche rinunciato a chiedere un ruolo per sè nel governo Draghi, ma questo non l'ha messo al riparo dalle critiche. Anzi. Giovedì, durante la direzione del Pd, si è fatto carico dell'incidente della rappresentanza di genere, ammettendo di non aver potuto far altro che battersi per i ruoli di sottogoverno. E, infatti, su 6 del Pd, 5 sono donne. Parole che non sono servite a placare le polemiche, con le dichiarazioni piccate di Sandra Zampa - vicinissima a Romano Prodi - e Alessia Morani, entrambe amareggiate per il telefono rimasto muto. Ma sul segretario si abbatte anche l'accusa di discriminazioe territoriale, col sindaco di Firenze, Dario Nardella, che lamenta l'assenza di to scani nella compagine di go verno. «Colpisce che le Regioni che portano più consenso e più voti al Pd siano quelle più snobbate quando si tratta di decidere i posti di governo: e visto che i posti di governo si decidono a Roma, forse sarebbe opportuno avere un occhio di riguardo in più perché così rischiamo di perdere ulteriore consenso», dice Nardella. Una rimostranza alla quale si unisce anche il sindaco di Prato Matteo Biffoni.

Accuse alle quali Zingaretti replica facendo notare come il Pd sia passato dai 23 esponenti del governo Conte II ai 9 dell'esecutivo Draghi. Con margini di manovra strettissimi. Anche per queto - argomenta - si era strenuamente battuto per difendere Conte da chi voleva farlo cadere. Giustificazioni che non placano però le polemiche interne, lo scontro tra corranti e gli attacchi al segretario. Così la prossima assemblea del partito, in programma il 13 e 14 marzo con il congresso come tema all'ordine del giorno, rischia di traumtarsi nell'ennesima resa dei conti interna.

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