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Basta terrorismo mediatico, il lockdown serve ai virologi

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Gaetano Mineo
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Serve un «lockdown» per i virologi. Basta scienziati in tv. Basta allarmismi. Occorre un giro di vite sulla comunicazione di questi luminari anti Covid che tra sapere e business sono tra i personaggi più gettonati dai media. Oramai non c’è più tv, radio, web, social, quotidiani e magazine dove non c’è presenza della «star» del virus.

 

Uno scenario che in Francia ha fatto saltare in aria il presidente della Repubblica. E così Emmanuel Macron ha detto basta esperti di ogni ordine e grado nel piccolo schermo. Disponendo, in estrema sintesi, di parlare solo con l’Eliseo e non davanti alle telecamere. «Siamo in un periodo complesso», spiegava una fonte dell’Eliseo. La scintilla che ha portato Macron alla svolta, un intervento pubblico del capo del Cts francese, Jean-François Delfraissy, che aveva invocato la più drastica delle misure di contenimento. Come dire, una sorta di Walter Ricciardi all’italiana, sempre pronto a proclamare un lockdown.

Anche in Italia occorrerebbe una svolta alla francese. D’altronde, sarebbe una naturale conseguenza del basso profilo mediatico del premier «no-social». E, in tal senso, un appello a Mario Draghi va fatto. Fonti accreditate, sostengono che virologi e scienziati del Comitato tecnico scientifico e dell’Istituto superiore di sanità, saranno invitati a limitare al massimo annunci e «allarmismi». «Serve una comunicazione unitaria, l’attuale metodo va cambiato» ha detto la ministra per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini.

 

Un fatto è certo: la sovrabbondanza di informazioni a cui siamo sottoposti in maniera incessante, in un momento critico per la salute, spesso genera caos invece di rassicurazioni. Per non parlare delle continue contraddizioni tra gli stessi virologi che, a volte, creano anche sconforto. Fabrizio Pregliasco, Walter Ricciardi, Massimo Galli, Franco Locatelli, Roberto Burioni, Antonella Viola, Andrea Crisanti, Ilaria Capua, Giorgio Palù, Maria Rita Gismondo, Alberto Zangrillo e Matteo Bassetti. Non è una formazione di una squadra di calcio, ma i nomi dei virologi più popolari in tv. Veri e propri protagonisti di reality a cui Reputation Science, la società italiana di analisi e gestione della reputazione, ha dedicato uno studio. Tra i risultati, quello sullo share, che vede sul podio Crisanti, Galli e Ricciardi. Un reality dove spesso la divulgazione diventa uno show personale. Massimo Galli, per esempio, ha rivelato di partecipare solo a una ospitata tv su cinque, rifiutandone così quattro e si afferma tentato di imporsi un lockdwon televisivo. Magari lo facessero tutti.

E qui subentra anche il business. Un esempio per tutti. Stando a un’indagine di "Panorama", è emerso che la virologa Capua, per un contributo di 10 minuti via Web, il compenso ruota attorno a 2.000 euro più Iva. Compenso che non va a minutaggio. Di conseguenza, per 30 minuti, l’ingaggio sale di conseguenza.

Una situazione che ha portato il direttore scientifico dell’istituto Spallanzani di Roma a «bacchettare» gli stessi scienziati. «Vorrei chiedere ai media di fare una pausa di riflessione e far parlare meno di Covid-19, perché continuano a parlare persone che lo fanno senza avere cervello sufficiente o perché sono prezzolati – ha tuonato Giuseppe Ippolito - C’è gente infatti che si fa pagare per andare in televisione, così come c’è chi si raccomanda ai giornalisti pur di andarci o gente i cui uffici stampa chiedono uno spazio tv al giornalista amico». Scenario che ha fatto scendere in campo finanche il Codacons, annunciando un’istanza di accesso agli atti a Rai, La7 e Mediaset perché «vuole sapere quanto costano virologi e medici che, oramai da mesi, imperversano sulle reti televisive italiane». Staremo a vedere. 

 

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