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Il giudice si "mangia" Salvini

Francesco Storace
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Certamente Matteo Salvini ieri sera non è andato a cena con il dottor Nunzio Sarpietro. Un po’ perché non sta bene frequentare convivialmente il proprio giudice. E poi perché non sarebbe stato opportuno far aprire un ristorante solo per loro, come capitò incautamente al magistrato a Roma, pizzicato dalle Iene a mangiare con la figlia nonostante il colore arancione. Con tanto di caos mediatico.

 

 

Si vedranno stamane all’udienza preliminare per il caso Gregoretti. Arrivato ieri sera a Catania, il leader della Lega non ha voluto dire nulla su quanto accaduto a Sarpietro: «Nel processo ho conosciuto un giudice scrupoloso e attento e non mi metto a pontificare su ciò che è estraneo alla mia vicenda giudiziaria», dice Salvini. E se il cronista insiste su una creativa separazione delle carriere – magistrato equilibrato sul lavoro, un po’ superficiale nel privato – la risposta del «Capitano» leghista è un clic. Ed in effetti il processo Gregoretti non si può prestare a battute, anche se le accuse farebbero ridere se non facessero correre il rischio di quindici anni di galera all’imputato che faceva il ministro dell’interno. Sequestro di persona e abuso di ufficio per una sosta di pochi giorni per 131 clandestini a due passi dallo sbarco: se tutto questo meriti un processo lo deve decidere proprio il giudice Sarpietro, che è il giudice dell’udienza preliminare. Ed è una questione che ha suscitato forte attenzione anche nella pubblica opinione, con un dibattito che è partito anzitutto dal diritto di un governo ad attuare linee politiche approvate dal Parlamento. E nel caso di Salvini anche in omaggio al mandato elettorale sul tema.

 

 

Oggi a Catania ci saranno testimoni d’eccezione, come il ministro degli esteri Luigi Di Maio – all’epoca vicepremier del Conte 1 – e l’attuale titolare del Viminale, Luciana Lamorgese. Intuibile la domanda principale, che ruota attorno a quanto già chiesto dal Gup nella trasferta romana in cui interrogò Giuseppe Conte a Palazzo Chigi: ma le procedure sugli sbarchi non furono le stesse seguite sia prima del caso Gregoretti che successivamente? Certo Salvini non si aspetta che i due ministri che saranno ascoltati oggi si nascondano come fece l’allora responsabile dei trasporti Danilo Toninelli, che si rifugiò dietro una selva di «non ricordo», incalzato dalle domande della legale del segretario leghista, Giulia Bongiorno. Anzi, spera che vogliano raccontare come andarono le cose, a partire – per il primo teste – dalla condivisione di governo sulla volontà di attendere dall’Europa la disponibilità alla ricollocazione dei migranti prima di farli sbarcare; e dalla Lamorgese chiarimenti sulle modalità di ingresso in Patria, simili a quelle seguite anche da lei a capo del Viminale.

Non chiede favori, Salvini, ai ministri del governo che sostiene, ma semplicemente la verità. Non quella politica. Che è ciò che ha determinato la voglia di processarlo a colpi di maggioranza parlamentare.
Se si è arrivati a questo punto, con l’udienza di stamane, è proprio perché il Senato – nonostante la relazione del presidente della giunta per le autorizzazioni a procedere, Maurizio Gasparri – decise di dar seguito alla richiesta di processo da parte del Tribunale dei ministri. Peraltro opposta alle conclusioni della Procura della Repubblica di Catania, che chiese invece l’archiviazione dell’ex ministro degli interni.
Successivamente all’udienza odierna, prima ancora della decisione del giudice Sarpietro, ce ne sarà ancora almeno un’altra, per sentire l’ambasciatore Massari che si occupava a Bruxelles proprio della trattativa con i paesi europei per la distribuzione dei migranti che sbarcavano clandestinamente in Italia. E poi, proscioglimento o processo. Salvini affronta serenamente questa vicenda, non disertando alcuna udienza, perché non vuole dare l’idea di sfuggire al dibattimento. E magari anche il suo comportamento processuale potrà influire nella decisione del giudice. In questo caso non serve una cena...

 

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