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Mario Draghi fa a pezzi il piano vaccini di Speranza e Arcuri: bocciate le Primule

Francesco Storace
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A Giuseppe Conte le orecchie sono fischiate. Sì, Mario Draghi lo avrà pure ringraziato. Salvo farlo a pezzi pochi minuti dopo ribaltandone le politiche sul problema più importante che abbiamo di fronte, la macchina della vaccinazione. Che è piena di buchi per l’approssimazione del governo che non c’è più.

Conte affidò tutto a Domenico Arcuri, che non sa più come nascondere il rossore che divampa le sue gote, e che dopo il discorso del premier al Senato farebbe bene a nascondere sottoterra le magnifiche Primule che aveva tanto osannato. Via quella robaccia, gli ha mandato a dire il nuovo capo di Palazzo Chigi.

Draghi conosce i linguaggi che bisogna saper adoperare. E quelle “strutture non pronte” – così le ha bollate – suonano ad epitaffio di una scelta inconcludente. Si è perso troppo tempo. 

Draghi ha stigmatizzato brutalmente anche i ritardi nei tamponi. E proprio sui vaccini ha detto testualmente che “altri paesi si sono mossi più rapidamente di noi con quantità adeguate”. Altro che modello italiano di cui si è cianciato per troppo tempo, il popolo aspetta la cura che non arriva. È uno sganassone anche alle politiche seguite però dal ministro a cui Draghi ha “dovuto” dare fiducia, Roberto Speranza, che evidentemente ha mancato persino di riferire correttamente al premier sul numero di dosi attualmente disponibile e sulle tante da reperire sui mercati. In un discorso pieno di cifre, Draghi non ha potuto parlare compiutamente dei vaccini a disposizione. Qualcuno ha dimenticato di informarlo, evidentemente.

Su quali possiamo fare affidamento, visti i tanti dubbi? E appunto con quante dosi? E con quale personale sanitario? Domande che ora incombono sul premier e che devono trovare immediate risposte dal governo.

"La nostra via d'uscita – ha esclamato il premier - è distribuire il vaccino e somministrarlo velocemente, ricorrendo a protezione civile, forze armate, volontari. Non servono luoghi specifici, ma rendere disponibili tutte le strutture possibili". Pubbliche e private, ha aggiunto, come si è fatto tardivamente per i tamponi. In quel momento le poche Primule esistenti si sono accasciate al suolo.

E’ un’inversione di tendenza netta quella che reclama Draghi. In sostanza ci si dovrà curare nel territorio, a casa, con l’aiuto dei medici di base e la telemedicina. All’ospedale dovranno ricorrere solo i malati gravi. Anche se resterà in questo caso un altro problema chiamato Pfizer con il suo vaccino da conservare a ottanta gradi sottozero.

Da questi nodi dipenderà l’eventuale aumento della capacità della campagna di vaccinazione dell’Italia. Siamo fermi a circa centomila dosi al giorno (quando va proprio bene), mentre la Ue ci spinge ad accelerare il meccanismo.

Tutto questo potrà essere gestito ancora dalla coppia Speranza-Arcuri? Il commissario per l’emergenza può rimanere quello che finora ha compiuto tutte le cose che non sono andate bene, a partire dai bandi in ritardo persino per le terapie intensive? Chi non ha saputo gestire un piano vaccino, può farne un altro con credibilità?

Si chiama modello Lombardia quello da seguire, insiste il centrodestra facendo riferimento a quello che sta preparando Guido Bertolaso: sanità e protezione civile insieme, vaccinazioni di massa in fiere, aeroporti, palestre e grandi spazi. Mancano “solo” le dosi di vaccino e la popolazione lombarda può avere qualche speranza in più.

Finora a fallire, anche sull’onda delle inchieste giudiziarie, è proprio un modello pubblico poco trasparente. È delle ultime ore l’apertura in Puglia dell’inchiesta della procura di Bari sull’ospedale Covid realizzato nella Fiera del |Levante. In quel caso i soldi spesi sono pubblici al contrario degli ospedali realizzati da Bertolaso con 59 posti letto in terapia intensiva a Milano e 64 a Civitanova Marche. Probabilmente qualche meccanismo da modificare c’è.

Comunque, Draghi confida anche nel lavoro della Von der Leyen, che ieri ha fatto sapere di aver aumentato e di molto la richiesta di dosi di vaccino alle aziende già mobilitate dall’Unione europea.  La Ue sta rinnovando la sua strategia vaccinale: ha già siglato nuovi contratti (300 milioni di dosi ulteriori di Moderna), ha messo in piedi un’agenzia che farà da incubatore per prepararsi ad affrontare le varianti, accelererà i procedimenti per il via libera dell’Ema ai vaccini modificati ed è pronta a introdurre un’autorizzazione d’emergenza per le nuovi dosi. Magari cambia la musica anche per noi.

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