I virologi italiani malati di protagonismo non devono sostituirsi alla politica
Oggi il presidente del Consiglio Mario Draghi si presenterà alle Camere per ottenere la fiducia. Il suo è un governo omnibus a composizione multipartitica che evoca quell'ecumenismo tipico del profilo di unità nazionale. Pensare che l'emergenza economica sia scindibile dai riflessi sanitari dell'allarme pandemico è un abbaglio, perché le due variabili hanno una reciproca implicazione. Il compito della politica è calibrare un equilibrio tra le due criticità, evitando la contrapposizione sterile fra aperturisti e rigoristi che, nel mentre si affannano nel braccio di ferro, agevolano la sopraffazione del virus sulla nostra vita con effetti rovinosi sulla salute e la produzione.
Il governo non può continuare ad indulgere al decreto "impulsivo" che irrompe inatteso sulle attività economiche, azzerando gli investimenti programmati da tempo per adeguarsi ai protocolli di contenimento come nel caso degli imprenditori della montagna che sono stati bloccati a poche ore dall'apertura degli impianti sciistici. Il ministro della Salute Roberto Speranza, che non ha certamente brillato nella gestione dell'emergenza sanitaria, avrebbe dovuto condividere la sua iniziativa anziché procedere da solista sbrigativo. Gli operatori economici hanno il diritto ad avere certezze, non possono continuare ad essere ostaggio di una comunicazione ballerina che revoca, senza preavviso, la ripresa delle loro attività. Molti imprenditori si dimenano senza appigli nel vuoto del precipizio economico. Il premier Draghi è un frugale della comunicazione tanto che è alieno alla sarabanda digitale dei social, un'anomalia per i tempi correnti, preferendo uno stile comunicativo misurato e commisurato ai fatti da divulgare.
Tuttavia, l'eterogeneità della formazione di governo rischia di produrre una cacofonia informativa senza imporre delle regole di ingaggio comunicative a cui tutti gli esponenti di governo dovrebbero conformarsi. Il consulente del ministero della Salute Walter Ricciardi dovrebbe, prima di riferire all'esterno il suo pensiero sulle chiusure totali, confrontarsi con il ministro di riferimento, sottraendosi a quella sovraesposizione mediatica attraverso la quale anticipa gli orientamenti dei provvedimenti che dovrebbero essere appannaggio esclusivo della politica. Lo specialista che esonda dal suo incarico, scavalcando la mediazione del committente che lo ha reclutato e agitando l'aspersorio per esalare sorsi di panico, è un irresponsabile che getta il mozzicone acceso della sigaretta su un deposito infiammabile di carburante. L'economia senza fiducia non ha prospettive. I titolari delle strutture sciistiche non possono defocalizzarsi dal loro core business che rappresenta l'unica fonte di guadagno. Ricapitolare alla casella iniziale della serrata, a poche ore dall'agognato traguardo della riapertura, significa polverizzare la residuale speranza di reazione al declino. Così crollano pezzi preziosi della struttura economica del Paese.
Il clima di governo è svelenito dal disarmo bilaterale fra i partiti, ma se tale armistizio viene infranto dai virologi star, che dovrebbero essere subordinati al potere politico, si rischia il cortocircuito come quando la magistratura si arrogava il pulpito inappellabile dell'etica pubblica. Non vorremmo assistere alla replica di un esproprio ai danni della politica con gli specialisti del virus che assurgono alla cattedra inoppugnabile della salute pubblica.
Le perle di Walter Ricciardi contro le mascherine. Quando parlava da negazionista