Virginia Raggi chiede voto Rousseau ma solo Di Battista la appoggia
Virginia Raggi chiede il voto della base M5s sulla sua ricandidatura. Ma, per ora, i vertici del Movimento restano silenti. In suo favore si sono schierate prevalentemente voci critiche rispetto alla linea governista come Barbara Lezzi e Alessandro Di Battista, che le porge il suo sostegno ormai come semplice «cittadino». Mentre la fronda dei 4 consiglieri capitolini pentastellati contrari al Raggi bis ha preso subito le distanze domandando lo stop alle «votazioni ad personam» e la scelta di un candidato espresso da una coalizione progressista.
La mossa della sindaca punta a far uscire allo scoperto coloro che, soprattutto tra i 5 stelle, premono sottobanco perché lei faccia un passo indietro per favorire un candidato unico per il Campidoglio condiviso da Movimento, Pd e LeU. Ovvero la maggioranza che ha sostenuto il secondo governo di Giuseppe Conte. Da mesi si susseguono voci su ipotetiche offerte alla sindaca di posti di sottogoverno in cambio del suo disimpegno dal Campidoglio. Addirittura di un intervento in prima persona dell’ex premier per sbloccare la situazione. Ma la Raggi tira dritto e domanda la fine di «ambiguità e giochi di palazzo» sostenendo che i cittadini sono «stanchi dei giochetti da vecchia politica. E insiste: «Vorrei la stessa chiarezza da parte di tutti e non leggere retroscena o assistere a trame di potere volte a isolare chi è scomodo».
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Per ora, però, l’appello per un pronunciamento dei militanti sembra aver amplificato la sensazione di un certo isolamento dai vertici del Movimento. Del resto, sei mesi fa la sindaca aveva proceduto in autonomia nel lanciare la sua corsa per tentare la conferma. La ricerca di un nome unitario di alto profilo per il centrosinistra in questi giorni porta all’identikit di Roberto Gualtieri. In giornata si sono rincorse voci che davano per imminente la sua scelta di correre per il Campidoglio, anche se fonti vicine all’ex ministro dell’Economia per ora smentiscono che abbia preso una decisione definitiva. Sicuramente il deputato Pd, eletto lo scorso anno alle suppletive nel centro di Roma, in questi giorni sta ragionando su questa ipotesi. Resta da chiarire la formula di selezione del candidato. Il segretario dem Nicola Zingaretti ha parlato di Gualtieri come una «persona eccezionale», ribadendo però che i nomi per le amministrative verranno scelti in autonomia dai territori.
Nella Capitale il tavolo del centrosinistra ha ipotizzato di realizzare primarie di coalizione, nonostante la pandemia di Covid, alle quali parteciperebbero tra gli altri Tobia Zevi, Giovanni Caudo e Paolo Ciani. Mentre il leader di Azione Carlo Calenda ha confermato che non intende sfilarsi dalla corsa per il Campidoglio anche in presenza di Gualtieri ma si professa più scettico rispetto ai gazebo. Nel centrodestra invece i partiti ragioneranno sulle candidature una volta archiviata la fiducia al governo di Mario Draghi. La linea scelta dalla coalizione privilegia manager e tecnici autorevoli, più che figure di partito, su cui cercare un consenso ampio. In questo schema Andrea Abodi, presidente del Credito Sportivo, resta tra i nomi caldi per il Campidoglio. A sostenerlo c’è Fratelli d’Italia ma il suo profilo sarebbe gradito anche alla Lega. Soprattutto ora che Guido Bertolaso è stato chiamato a gestire il piano vaccinale della Lombardia.