il caso

Paola Taverna a caccia di quattrini denuncia il collega Andrea Ruggieri che la pizzicò

Francesco Storace

Nostalgia dei duelli. Li vedevamo uno di fronte all’altro, pistola in mano, ciascuno a far prevalere la propria ragione con l’arma in pugno. Erano signori, indubbiamente, come potrebbero esserlo i parlamentari di oggi. Solo che adesso si sfidano in tribunale. E manco quello penale, bensì in sede civile per spillare soldi all’avversario.

In questo caso la parte “attrice” - e non potrebbe essere altrimenti - si chiama Paola Taverna, popolare e popolana vicepresidente del Senato. Il malcapitato “convenuto” è il deputato di Forza Italia Andrea Ruggieri, che certo non le manda a dire a chi lo importuna. E succede che la Taverna, povera nobildonna infastidita dai toni altrui, lei così elegante quando ululava “merde” e “mafiosi” a quelli del Pd, chiami l’avvocato e non la presidente del Senato, per avere soddisfazione.

  

La Taverna si offende e già farebbe ridere così. Ma querela Ruggieri al tribunale civile - non per via penale dove potrebbe servire la prova... - perché lui ha osato azzannarla in televisione. E chiama in causa anche il povero Nicola Porro, incolpevole conduttore della trasmissione dove si è svolta la prima parte del duello, quello senz’armi che non fossero le parole.

Porro - che certo non può imbavagliare un ospite in tv durante la diretta - aveva chiesto conto a Ruggieri delle sue spese telefoniche e questi aveva risposto 7 euro mensili. E a fronte degli oltre 3000 annui denunciati dalla Taverna come rimborso certificato ai Cinque stelle - le famose “restituzioni” - il parlamentare di Fi era esploso. Con “gravi frasi denigratorie”, scrive la difesa della senatrice attrice. La Taverna appunto: “O te li rubi o sei scema...” “...o te li fotti o sei scema...”, per dipingerla “come una persona dedita allo spreco di “denaro pubblico” per fini non giustificati”. Il “fottere” denaro proveniente dalla contribuzione pubblica o essere considerata “scema” implica, in entrambe le situazioni - dice l’avvocato - una inaffidabilità del soggetto a perseverare interessi altruistici, valori per le quali i cittadini - si indigna il legale della Taverna - hanno espresso la preferenza in favore della Senatrice”. Preferenza è parola grossa, avvocato... Di più’: “La risonanza mediatica provocata dalla trasmissione è andata ben oltre, interessando, in particolar modo, i social network come Facebook”. Oddio, povera senatrice. I social commentano e le chiedono conto. Ma come si permettono?

In pratica, secondo Paola Taverna una trasmissione come Quarta Repubblica non può parlare dei costi della politica e verificarli. È materia esclusiva dei grillini, pare di capire. E non si può quindi andare a scoprire come proprio i pentastellati spendano i soldi pubblici come fece Porro nella trasmissione dell’11 marzo 2019. Figurarsi. Che poi la trasmissione si dedicò dapprima alle spese pubbliche di Palazzo Chigi evidenziando una crescita del bilancio preventivo dal 2018 al 2019 (con un incremento del 43%), dettagliandone poi alcune voci come le cifre stanziate per iniziative ed eventi su rom e sinti, per l’affitto dei locali od ancora relative alle spese per i voli di stato. Per poi arrivare al testo incriminato: “Deve essere davvero difficile spendere 17.751 euro per telefono e internet in cinque anni senza neanche comprare un cellulare di ultimissima generazione. Eppure Paola Taverna, oggi vicepresidente del Senato del M5S c'è riuscita: 15.073 in ricariche e abbonamenti, 673 per internet e chiavetta wi fi e il resto in accessori. Fanno quasi 3.500 euro all'anno, quasi 300 euro al mese”.

Nicola Porro, quindi, non inventò nulla. Il conduttore, infatti, usando un dato pubblico rivolse all’On.le Ruggieri, deputato di “Forza Italia” la domanda: “quanto spende di telefono ogni mese? Perché glielo sto pagando io” (minuto circa 1.05.35). Alla risposta di Ruggieri di pagare “7 Euro al mese”, il conduttore si interrogò sul fatto che invece la Sen. Taverna spendesse una cifra a dir poco decuplicata (“Io voglio capire come fa la Taverna ad avere speso 350 euro al mese”), tenuto anche conto del fatto notorio per cui le offerte dei gestori di telefonia degli ultimi cinque anni oscillano spesso attorno a cifre inferiori ai dieci Euro al mese.

Adesso tutta questa incredibile vicenda finisce presso la giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Il giudice civile ha infatti sospeso le udienze per sapere se andare avanti. E Andrea Delmastro, presidente della giunta ed esponente di Fdi, esclama sconsolato: “Sì sì ne parleremo”, come a dire ma guarda il tempo che bisogna perdere... E semmai il tema oggetto di discussione dovrebbe spiegarlo politicamente proprio la senatrice Taverna. La vicepresidente del Senato dove vuole arrivare? Oltre a svuotare il portafogli dell’onorevole Ruggieri, la Taverna vuole sostituire l’immunità con l’incriticabilita’? Nessuno deve mettere becco nei conti dei Cinque stelle mentre loro possono fare di tutto nei confronti degli avversari politici? E ancora: perché trascinare in giudizio anche Nicola Porro? Doveva impedire ad un suo ospite di poter parlare, tanto più in diretta televisiva?

È davvero brutta la sensazione che si ricava da questa storia. Chi ha imposto la discussione sui costi della politica si infastidisce se gli si chiede conto dei propri. È come se si volesse far prevalere la casta degli anticasta. Si celebra un processo perché un parlamentare ha pronunciato questa frase: “Se io spendo 7 euro al mese, vuol dire che si possono spendere 7 euro al mese, se uno ne spende tantissime volte di più...vuol dire che o non sai fare i contratti o chiami su Marte”. Il resto, “o te li fossi o sei scema”, è solo conseguenza di una domanda. E per questo si fa causa?

Onorevole Taverna, quanto costerà alla collettività questo suo sfizio? Meglio un duello. Tra uomini.