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La svolta (obbligata) di Lega e 5 Stelle. Ma la conversione ha quasi annientato i grillini

Fabrizio Cicchitto
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La formazione del governo Draghi apre una fase del tutto nuova per ognuna delle forze politiche che lo compongono, ma provoca cambiamenti del tutto radicali per due di esse: la Lega e il Movimento 5 stelle. Prima del “terremoto Draghi” la Lega era per l’uscita dall’euro, era contro il Mes e il Recovery Fund, era ferreamente collegata ai sovranisti europei (in primis la Le Pen); come punti di riferimento mondiali la Lega oscillava fra Putin e Trump. Aderendo senza se e senza ma al governo Draghi di tutta questa impalcatura non rimane nulla.

La Lega apprezza Draghi che vuol dire Europa anche se la sua gestione della BCE dal 2012 ha rovesciato la linea precedente, ha salvato l’euro e anche l’Italia. Ovviamente la Lega dice sì al Recovery Fund per il quale i parlamentari europei della Lega l’altro ieri hanno votato favorevolmente cambiando il loro voto precedente. La Lega a livello europeo è in rottura con tutti i sovranisti e per quello che riguarda la sua affiliazione internazionale sta facendo una marcia d’avvicinamento al PPE. Va detto che questo rovesciamento di posizioni non sta provocando traumi al suo interno. La ragione di fondo attiene alla struttura economico sociale che sta alle spalle della Lega.

Da Roma in giù l’attuale Lega è una sorta di Armata Brancaleone di ex fascisti, ex democristiani, ex forzisti, ex Casa Pound, invece da Firenze in su la Lega è una cosa seria costituita per larga parte da piccoli e medi imprenditori e da operai magari iscritti alla CGIL. Larga parte di queste imprese lavora come fornitrici o subfornitrici di imprese tedesche ovviamente attraverso l’euro. Una larga parte di costoro direttamente o tramite Giorgetti, Garavaglia e Volpi hanno detto a Salvini: “Tutti dentro al governo Draghi, non fare pazzie o ti mandiamo al diavolo”. Salvini si sta rivelando un pragmatico e adesso per lui Berlusconi diventa anche un ottimo alleato. Il Movimento 5 stelle ha problemi di tutti i tipi, innanzitutto con Draghi ritornano in campo il merito e la competenza, in secondo luogo Draghi è un banchiere, categoria che per i grillini rappresenta la schiuma della terra; in terzo luogo si parla di una larghissima coalizione con dentro anche Berlusconi; in quarto luogo il giornale di riferimento, cioè Il Fatto di Travaglio, è contro con tutto l’odio e il livore di cui questa significativa impresa editoriale è capace. Il Movimento 5 stelle è di fronte ad una scelta di fondo fra chi rimane legato alle origini e quindi dice no a tutto e chi cerca di trasformarsi in una versione riformista del populismo, operazione assai difficile rispetto alla quale solo pochi dirigenti di M5s dimostrano di avere qualche strumento culturale (Luigi Di Maio, Patuanelli, Buffagni, Sileri). Il nodo però con cui tutti devono misurarsi è il seguente: Renzi è antipatico e impopolare, però ha detto una cosa incontestabile, anche se ha provocato una crisi di nervi di D’Alema: il governo Conte-bis stava fallendo su tutto, dalla gestione della pandemia a quella dell’economia per non parlare del Recovery Fund. Questo fallimento si è intrecciato con il folle tentativo di Conte di realizzare una gestione personale del potere, dai Servizi all’approvvigionamento del materiale sanitario addirittura alla progettazione e traduzione del Recovery Plan in solitario.

Tutto ciò è avvenuto anche per l’inesistenza politica del segretario del PD Zingaretti, che in tutti questi mesi non ha mosso un dito per spiegare a Conte che le cose così non andavano. Renzi ha obiettivamente dominato la scena a gennaio e provocato la soluzione Draghi coprendo un vuoto politico lasciato libero dal PD. Perché ciò è avvenuto? Perché Zingaretti e il suo ispiratore Bettini stanno cercando in tutti i modi di realizzare il lascito politico di Bersani e di D’Alema secondo i quali va costruita una sorta di nuova sinistra derivante dall’aggregazione fra il PD, LeU, il Movimento 5 stelle, evidentemente su una linea nella quale il riformismo è del tutto marginale. Scriviamo tutto ciò mentre ancora non conosciamo la lista dei ministri che evidentemente insieme al programma costituisce un elemento molto importante.

Due ultime osservazioni. Il contagio pandemico è tuttora gravissimo, anche per l’arrivo delle varianti. Gli altri paesi, quelli seri, stanno combinando le vaccinazioni con il lockdown; leggiamo invece che da un lato in molte realtà la situazione peggiora, dall’altro che in compenso le Regioni chiedono nuove aperture, mentre però non sanno bene che fare con i vaccini. E’ evidente che ciò vuol dire continuare con gli zigzag e le contraddizioni che hanno fatto fallire tutta la gestione precedente. Un’ultima osservazioni: non è che quello che era un fesseria perché dalla Azzolina diventa invece una cosa giusta perché adesso la dice Draghi. La cosa può spiacere, ma finora la scuola, non solo in Italia (vedi il caso di Israele) è stata una delle cause aggiuntive di contagio, allora voler prolungare la scuola a luglio ci sembra follia pura. Magari questa decisione può intrecciarsi con il decollo della sbornia vacanziera. Ciò vorrebbe dire creare le premesse per ripetere la storia del 2020 e magari vanificare anche le vaccinazioni. Ci auguriamo che Draghi non esordisca con una fesseria che rimane tale anche se adesso la dice lui.

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