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La scelta di Giorgia Meloni apre il rebus delle poltrone

Francesco Storace
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Potrebbe anche accadere a Giorgia Meloni di dover distribuire più incarichi rispetto ai partiti di maggioranza. Per qualcuno sarà paradossale ma la condizione particolare di rappresentare l’unica forza contraria al governo di Mario Draghi potrebbe garantire al partito della destra una svolta negli assetti istituzionali in Parlamento.

 

Ovviamente, a due condizioni, che vanno verificate soprattutto nella loro praticabilità. Anzitutto che Fdi lo pretenda; e qui non è detto, anche se avrebbe assoluta legittimità perché l’opposizione ha un ruolo importante in democrazia, e figuriamoci in Parlamento. Ma questo è il tempo del rifiuto delle poltrone e magari potrebbero rinunciare, quelli di Fdi, di avanzare richieste proprio per non insinuare dubbi negli italiani. O magari acconciarsi a un negoziato sulle stesse, per evitare una sorta di paralisi persino nei rapporti con la maggioranza. 

La seconda condizione è che proprio i partiti di maggioranza non pretendano di attovagliarsi con le commissioni che dovrebbero spettare, per regolamento o per prassi, alle minoranze. Certo, una «soluzione» potrebbe essere far iscrivere i presidenti in carica al gruppo di Fratelli d’Italia, ma è difficile che la Meloni possa accettare una cosa del genere... Aldilà dell’ironia, la questione potrebbe essere posta all’indomani della nascita del governo Draghi. Anche se esperti di lavori parlamentari indicano precedenti in quel senso o nella direzione opposta.

 

La questione più delicata riguarda le due bicamerali più influenti. Quella di controllo dei servizi di sicurezza, il Copasir, e quella sulla vigilanza Rai. Nella prima, Fdi ha Adolfo Urso, ma dovrebbe dimettersi Raffaele Volpi della Lega. Che è un soldato e appena Matteo Salvini dovesse dirglielo lascerebbe l’incarico. Anche se per convincere alle dimissioni il suo predecessore, Lorenzo Guerini, il Pd, dovette spedirlo a fare il ministro della Difesa. 

Altra postazione di rilievo è la commissione di vigilanza Rai, presieduta da Alberto Barachini, di Forza Italia. Lì dentro Fdi è rappresentato da Daniela Santanché e Federico Mollicone: uno dei due potrebbe andare a capo dei controllori della Rai.

Tra le varie commissioni che potrebbero essere in bilico ci sono anche: quella per i procedimenti d’accusa: Maurizio Gasparri (FI); Anagrafe tributaria: Ugo Parolo (Lega); Schengen: Eugenio Zoffili (Lega); Infanzia/Adolescenza: Licia Ronzulli (FI); e Federalismo fiscale: Cristian Invernizzi (Lega).

 

Un bottino mica male di sette commissioni parlamentari - con annessi presidenti e personale - che potrebbero andare a finire sotto la fiamma di Giorgia Meloni. La quale potrebbe anche rivendicare la presenza negli uffici di presidenza delle 28 commissioni permanenti di Camera e Senato, se non altro dove non ha vicepresidenti o commissioni. Insomma, potrebbe nascere un bel casino istituzionale - con indubbia legittimazione - se Fdi decidesse di muoversi per un numero notevole di caselle tra Camera e Senato.

Il passaggio fondamentale sono le dimissioni di chi le ricopre attualmente. Col governo che dovrebbe farsi carico di una compensazione di non poco conto, e in fondo di parlamentari al governo ce ne sarà bisogno - anche come viceministri o sottosegretari - e Draghi non potrà proprio ignorare la necessità di non andare in urto con le Camere.

 

Ma il paradosso di cui parlavamo all’inizio è quello che potrebbe derivare dall’assenza di ministri politici, se questa fosse la strada perseguita dal premier incaricato. Alla fine la più corteggiata per la distribuzione di pani e di pesci sarebbe la Meloni, provocando la solita invidia di Selvaggia Lucarelli...

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