Di nuovo su i contagi a scuola. Primo guaio di Draghi
Durante il nuovo giro di consultazioni Mario Draghi ha messo la scuola al centro del suo programma, sostenendo di volere cambiare il calendario delle lezioni facendo recuperare in estate quelle perse con le chiusure e di puntare ad avere tutti in cattedra i professori che servono per l’inizio del prossimo anno scolastico.
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Ipotesi non semplicissime da attuare, ma che piacciono a chi voleva una vera svolta rispetto alla gestione di questo ultimo anno. Sulla strada dei suoi piani però ancora una volta c’è la pandemia. E purtroppo i nuovi dati elaborati dall’Istituto superiore della sanità nel suo rapporto sull’epidemia segnala come in una crescita più limitata che in passato dei contagi il tallone di Achille resta quello della scuola.
Il periodo preso in esame confronta i dati fra il 29 dicembre 2020, quando tutte le scuole erano chiuse e il 3 febbraio 2021, dividendo il raffronto percentuale per fasce di età. E la notizia ancora una volta dice che è nella popolazione scolastica che i contagi sono cresciuti di più. Tenendo presente che sui 35 giorni presi in considerazione nessuno è andato a scuola per 9 giorni (fino al 7 gennaio) e che nella stragrande maggioranza delle regioni italiane si è tornati a scuola dopo la metà di gennaio con una didattica a distanza che oscillava fra il 25 e il 50% nelle scuole superiori, fa impressione comunque sapere che la maggiore crescita dei contagi si sia registrata nella fascia di età 0-9 (+35,27%) che frequenta asili nido, scuola dell’infanzia e scuola elementare.
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La seconda fascia di età in cui sono cresciuti in contagi (+27,81%) è quella 10-19, dei ragazzi che frequentano scuola media e superiori. In tutte le altre fasce di età invece i contagi sono cresciuti di percentuali comprese fra il 20 e il 25%.
La differenza non è enorme come fu nel periodo settembre-ottobre (quando i contagi crebbero nella popolazione scolastica cinque volte più che nelle altre fasce di età), però è già significativa nel dato che riguarda i bambini in età scolastica, che stacca decisamente rispetto agli altri.
Questi numeri dicono che sicuramente la riapertura delle scuole dopo le feste natalizie è avvenuta in maggiore sicurezza rispetto al disastro che si registrò all’inizio dell’anno scolastico. Ma sulla sicurezza ancora qualcosa di importante c’è da fare, e ha a che vedere proprio con l’organizzazione delle classi e la possibilità di tenere un minimo di distanziamento fra i bambini. Nella fascia di età dove salgono i contagi, fino a 9 anni, non è il trasporto pubblico ad incidere in modo particolare perché quei bambini a scuola vanno a piedi o su mezzi privati accompagnati dai genitori. Ma le classi sono ancora molto affollate, e a quell’età i bimbi non stanno fermi come statue di marmo a «un metro di distanza dalle rime buccali», come grottescamente hanno scritto i componenti del comitato tecnico-scientifico che in una scuola elementare non devono avere messo piede da decenni.
Bisognerebbe avere più aule a disposizione e magari fare accordi come è avvenuto in rarissimi casi o con scuole paritarie meno affollate o con ex scuole, o strutture utilizzabili a questo scopo per dividere meglio le classi e rendere effettivo almeno nell’aula il distanziamento. Purtroppo la sola cosa che non potrà proteggere dai contagi la popolazione scolastica è il vaccino: nessuno è stato studiato per quelle fasce di età, che quindi non possono rientrare nei piani di vaccinazione. E finché non saranno protetti dalla immunità genitori e nonni, bisogna proteggere con il vero distanziamento il «lavoro» dei ragazzi, e si può fare aumentando gli spazi a loro disposizione e non cambiando i loro banchi in modo avventuroso e assai più costoso come è avvenuto fin qui.
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