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Addio Conte divento un Draghi Boy. Tradisce anche il super chef

Carlantonio Solimene
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Prima ancora di Sergio Mattarella c’era qualcuno che già aveva capito quanto fosse opportuno liberarsi di Giuseppe Conte per affidarsi a Mario Draghi. Si tratta del maestro dei fornelli André Evans. Che per circa sei anni è stato «chef executive» al Grand Hotel Plaza di Roma, di proprietà del suocero di Conte, Cesare Paladino. E poi, a marzo 2019, ha trasferito la sua arte culinaria nel ristorante della Banca d’Italia. Un ambiente che più «draghiano» non si potrebbe.

 

 

Il «divorzio» dai Paladino, però, dev’essere avvenuto in maniera piuttosto turbolenta. Lo si capisce scorrendo la pagina Facebook di Evans. Il 23 gennaio, infatti, lo chef posta sulla sua bacheca lo scoop del Tempo che racconta come il gruppo fondato dal suocero del premier abbia sfruttato gli ammortizzatori sociali varati a causa dell’emergenza Coronavirus per indennizzare la sorella della fidanzata di Conte. Che, però, oltre a essere dipendente, è anche proprietaria dello stesso gruppo. La notizia manda su tutte le furie Evans, che «condisce» il post con parole di sdegno: «E noi ex dipendente aspettiamo ancora la liquidazione non percepito ma dichiarato nel unico dati falsati, aspettiamo il legge a fare il suo percorso... Bravo Cesare e Olivia della vostra onesta... Sotto le scarpe».

Nonostante l’italiano non perfetto (Evans è di origini londinesi), il senso del messaggio è abbastanza chiaro: al momento del divorzio professionale, al cuoco non sarebbe stata versata la liquidazione. E la vicenda avrebbe tuttora una coda legale. Anche se lo chef non sembra essere molto ottimista in proposito. Un amico gli scrive: «Spero tu ti sia già rivolto ad un legale». E André risponde: «Confermo, ma sono stato ingannato alla grande! Non credo che sarà così facile ma non perdo speranza». Per non citare altri commenti in cui quelli che sembrerebbero a loro volta ex dipendenti del gruppo rimproverano a Evans di essersi mosso troppo tardi perché «conoscevi il soggetto».

Una storia d’amore e di fornelli finita piuttosto male, dunque. Eppure, quando lo chef cucinava per i Paladino, i datori di lavoro sembravano soddisfatti del suo operato. Sul profilo Instagram del Plaza spendevano parole al miele per i suoi piatti e ne magnificavano il curriculum: «Il nostro executive chef si è laureato in Francia e vanta prestigiose esperienze in tutta Europa». Poi qualcosa si è rotto. E così Evans è passato al gruppo Pellegrini che, tra le altre cose, si occupa della ristorazione per i dipendenti di Palazzo Koch. Una sistemazione economicamente molto più sicura rispetto alla precedente, visto che le difficoltà contabili dei Paladino sono ormai cronaca quotidiana in rassegna stampa. Sempre a fine gennaio, Il Tempo raccontava come, tra Imu e Tasi non pagate, la famiglia acquisita di Conte sia debitrice del Comune di Roma per la bellezza di 11 milioni e mezzo di euro. A tal proposito, i Paladino hanno proposto all’amministrazione Raggi un piano di rientro della durata di sei anni.

 

 

Ma non era la prima volta che il suocero del premier dimissionario si era trovato in difetto con il Campidoglio. Tra il 2014 e il 2018, infatti, il padre di Olivia si era dimenticato di versare in tutto o in parte al Comune la tassa di soggiorno che era stata regolarmente pagata dai clienti del Plaza. In tutto si trattava di circa due milioni di euro scomparsi. Per questa vicenda Cesare Paladino aveva patteggiato una condanna per peculato. Poi, però, grazie a una norma contenuta nel decreto Rilancio del governo Conte, il ritardato o mancato versamento della tassa di soggiorno ai Comuni è stato depenalizzato. E così il padre di Olivia si è visto revocare la condanna a un anno e due mesi «perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato».

Come se non bastasse, è anche in corso un braccio di ferro con l’Agenzia delle Entrate. In ballo ci sono 15,4 milioni di euro di cartelle esattoriali, che facevano parte dei circa 27 milioni per cui era stata chiesta l’adesione alla rottamazione ter varata proprio dal governo Conte (I). Il Fisco ha concesso al gruppo di saldare il dovuto in dieci rate, mentre i Paladino avevano chiesto che il pagamento fosse diluito in 18 tranche. Così all’Erario è stata versata solo la prima rata e poi tutto si è bloccato a causa di un ricorso per ottenere una maggiore dilazione dei pagamenti. Per lo meno, senza più Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, chi dovrà decidere sulla questione è stato liberato da un certo imbarazzo...

Insomma, in quanto a creditori dei Paladino, il buon Evans è in buona compagnia. E forse non sarà tra gli italiani dispiaciuti per la staffetta a Palazzo Chigi tra Conte e Draghi. Negli ormai due anni di esperienza nella cucina di Palazzo Koch, avrà imparato che i banchieri, con i loro dipendenti, sono assai più scrupolosi.

 

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