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Matteo Salvini, il sì a Mario Draghi manda in tilt la sinistra: la mossa della Lega fondamentale

Andrea Amata
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Il leader della Lega Matteo Salvini, dopo il colloquio con il premier incaricato Mario Draghi, ha dichiarato: «Non abbiamo posto condizioni, c'è una sensibilità comune». In sostanza il Carroccio ha manifestato la disponibilità a far parte dell'esecutivo di salvezza nazionale, anteponendo il bene del paese alle pur legittime ambizioni di partito che dalle nuove elezioni avrebbe tratto benefici elettorali. Il leader del Carroccio ha puntualizzato: «Non possiamo accettare i veti di altri, magari quelli di partitini del 2%. Ciascuno deve rinunciare a un pezzo di priorità per fare un tratto di strada insieme, che non sarà lungo».

Il messaggio leghista ha mandato in tilt la sinistra che pensava di trasformarsi nel baricentro politico del nascituro governo e di arrogarsi del prestigio che promana dal ritratto dell'ex governatore della Banca centrale europea. Il segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti è rimasto spiazzato dall'apertura di Salvini, tanto che fonti giornalistiche hanno riferito di un'ipotesi, poi ufficialmente smentita, di appoggio esterno dei dem al governo.

La sinistra puntava a strumentalizzare la figura di Draghi in funzione di un make-up, ritocco di immagine, per rieditare un Conte bis con ministri incolore. La disponibilità della Lega ad essere della partita ha disinnescato il pericolo della clonazione del governo giallorosso.

D'altronde per una forza politica come la Lega, incardinata principalmente nel nord produttivo del paese, sarebbe stato problematico disertare la partecipazione ad un governo guidato da Mario Draghi che detiene un profilo economico orientato allo sviluppo, che si declina anche con il debito "buono" per gli essenziali investimenti pubblici. Per la Lega coabitare con Mario Draghi, in un'esperienza di governo che ha la missione di far uscire il sistema-Italia dalle sabbie "immobili" della crisi, significa agevolare un percorso politico sovranazionale che gli riconosca la piena legittimazione ad essere accolta nel Partito popolare europeo. L'ingresso leghista nella famiglia popolare equivale ad un approdo naturale per la sintonia di vocazione politica e culturale con il vantaggio di un riconoscimento nelle cancellerie europee che è fondamentale per costruire solide alleanze geopolitiche. La pandemia ha accelerato la consapevolezza dei limiti della globalizzazione, le cui distorsioni possono sconquassare gli assetti economici più consolidati. Tuttavia, per reagire e rettificare quelle complicazioni che si amplificano con veemenza, trasformandosi in fenomeni globali devastanti, non si può prescindere dal livello europeo. Ciò non significa aderire acriticamente all'europeismo, che è una mistificazione dell'idea di Europa, ma rivestire di rilevanza la proposta politica di cambiamento e di difesa dell'interesse nazionale che per attuarsi deve dimostrare di non isolarsi, facendo parte di una governance in cui i progressi degli uni non ostacolano i progressi degli altri. Salvini, aprendo a Draghi, ha proposto all'opinione pubblica un messaggio di responsabilità con lo sguardo lungimirante rivolto a Bruxelles.
 

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