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Tra Draghi e Salvini scocca la scintilla della simpatia. E su una certa idea di Italia

Francesco Storace
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Il feeling è stato immediato. Mario Draghi e Matteo Salvini si sono piaciuti, è scattata la scintilla della simpatia reciproca, che ha facilitato i rapporti tra di loro nella prima vera occasioni di incontro. E non è vero, come diceva ieri qualcuno, che i due si conoscessero già. Diversi ma non tanto, al punto che il “sentiment” è stato percepito in modo talmente evidente che ha scatenato un pandemonio a sinistra e tra i grillini.

Quelli tra il leader della Lega e il presidente del Consiglio incaricato sono stati una quarantina di minuti cordiali e, da quel che si è appreso, caratterizzati anche da una certa informalità di rapporti. Il che ha permesso a Salvini di affermare irritualmente qualche punto di assoluta condivisione contenutistica con Draghi, nelle dichiarazioni rese dopo il colloquio ai giornalisti. “C’è un’idea di Italia che coincide”. Compresa una parentesi calcistica, con l’ex presidente della Bce che gli svelato la propria fede romanista.

Salvini ha rotto il ghiaccio sulla politica, proprio cogliendo l’occasione della “confessione” calcistica di Draghi. Chi c’era, racconta la sua battuta immediata: “A proposito di sport, dobbiamo pensare alla riapertura per lo sci e le palestre” e da lì è stato un attimo elencare “negozi, bar, ristoranti, teatri. L’Italia deve ripartire”. Salvini ha citato le Olimpiadi invernali. E Draghi ha risposto dicendo che “i soldi per il turismo sono ben spesi”.

Poi gli altri contenuti, con la Lega – Salvini era con i capigruppo Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari - che ha elencato le priorità: niente tasse, difesa del made in Italy, difesa dell’agricoltura italiana e dei confini, interventi immediati per famiglie e imprese, grandi opere. Draghi ha preso nota con attenzione e rispetto. Il presidente incaricato è molto attento al protocollo, ha voluto aprire ai fotografi solo quando la delegazione si era seduta, non nel momento del saluto o quando Salvini e i capigruppo erano in piedi.

Lo stesso leader leghista non ha insistito su temi divisivi, in coerenza con i contenuti delle dichiarazioni alla stampa e per non dare la scusa ad altri di rompere. E alla fine è rimasto molto soddisfatto dell’incontro che Salvini ha chiuso con una battuta che ha fatto sorridere Draghi: “Dopo questi giorni e tutte queste consultazioni, sta pensando di rinunciare all‘incarico?”.

Nessun discorso su nomi o ministeri.

Ha aggiunto sul tema Salvini con una nota: “Il toto ministri e il toto poltrone lo lasciamo agli altri, noi stiamo lavorando alla proposta di taglio di tasse e della burocrazia da portare a Draghi la settimana prossima”. Nel concreto, il leader leghista punta sulla riduzione fiscale, la difesa del made in Italy, le grandi opere: il contrario di un programma di sinistra.

Il resto è lo spettacolo che va in scena tra Pd, Leu e cinque stelle, che stanno morendo pazzi 

per quello che hanno sentito dire da Salvini dopo il colloquio con Draghi.

A partire da quel “i soldi europei sono di tutti”, che lancia un segnale netto a chi pensava di poterne disporre in nome della propria parte politica. Il Conte ter è stato seppellito con le sue insane ambizioni.

Salvini ha anche tenuto a dire di non aver posto condizioni. Quello voluto da Sergio Mattarella è un governo patriottico e chi vuol fare il proprio dovere lo farà al servizio della Nazione: “Il bene del paese deve superare interesse personale e partitico".

Priorità? Il capo della Lega è stato netto: “La mia priorità è la ripartenza economica, la data segnata in rosso sul calendario è il 31 marzo, quando si                  sbloccheranno i licenziamenti, se non ci sarà taglio del

Cuneo fiscale, per esempio, sarà difficile non licenziare, bisogna impedire un disastro sociale che potrebbe essere epocale”.

La Lega al governo? "Noi siamo a disposizione, siamo la prima forza politica del paese, siamo una forza che dove governa lo fa con ottimi risultati a differenza di altri crediamo non si puo' andare avanti a colpi di no".

E qui probabilmente c’è la discussione interna alla Lega sulla scelta che sta maturando in favore del governo Draghi: la Lega, andando al governo con M5S, ha raddoppiato i voti ed è diventata primo partito italiano. Governa da tempo alcune delle regioni più importanti del Paese e grazie alla guida di Salvini amministra 14 regioni su 20 col resto del centrodestra. Senza dimenticare le migliaia di sindaci da nord a sud. Tradotto, dicono a via Bellerio: la Lega sa governare, e lo fa dimostrando di non perdere consenso.

Se si è arrivati a questo punto, col governo Conte 2 mandato a casa, è grazie alla compattezza del centrodestra voluta (e ottenuta) da Salvini che lavora e lavorerà auspicando che la coalizione resti unita. Anche perché i numeri parlamentari dicono che il centrodestra unito, come ha constatato Conte, può incidere ed è molto più pesante - per esempio - del Pd. A Palazzo Madama, nella potenziale area di governo, la Lega ha 63 senatori, FI 52 e il Pd 35. E se i Cinque stelle ballano si capisce chi può avere in mano la partita parlamentare.

               

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