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La sfida di Draghi, con lui finisce l'era degli incapaci

Francesco Storace
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D’accordo, ora c’è da capire chi raccoglierà l’appello del presidente Sergio Mattarella a sostegno del governo di Mario Draghi. Chi si separerà dai compagni di strada, gli sconquassi all’interno dei Cinque stelle, chi a sinistra andrà all’attacco di Nicola Zingaretti e come supererà ogni ostacolo alla sua unità il centrodestra. Tutto vero. Ma vuoi mettere sapere che dal palazzo di fronte, qui a Il Tempo, non vedremo più uscire quelle facce che ci hanno martoriato in quest’anno rossogiallo?

 

Godiamocela un pochino la soddisfazione di non essere più invasi nelle nostre case dai teleschermi che ci propinavano gaffe e notizie catastrofiche ad ogni ora del giorno e della notte. Con loro abbiamo cominciato ad avere confidenza con la parola coprifuoco...

Hanno tentato di tutto per restare incollati alle poltrone. Ci si è impegnato in zona Cesarini persino lo sciagurato presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, con quel controproducente aiutino al ministro dell’economia Roberto Gualtieri. Quei 209 miliardi di euro non li spende più lui e adesso si deve ricominciare la trafila col nuovo premier e i suoi ministri.

 

In questi momenti fanno quasi tenerezza Renata Polverini e Maria Rosaria Rossi, il cui 8 settembre è durato mezza giornata. Maggiore dignità ha avuto il senatore Lello Ciampolillo, al quale è stata negata la possibilità di messa in prova per una nuova fiducia a Conte. Alla fine, più stile di tutti costoro l’ha avuta madame Mastella, Sandra Lonardo, che almeno ha mandato a quel paese i cosiddetti responsabili camuffati del partito di Bruno Tabacci.

Ma soprattutto la gioia dell’Italia si esprime attraverso la liberazione dei personaggi più indigesti che facevano da corona a Conte. No, Rocco Casalino non possiamo definirlo così, perché faceva solo il suo mestiere tentando di servire una pietanza che per forza di cose era destinata ad andare a male.

 

Ma non vedremo più – se rimarrà in uno dei suoi troppi incarichi – l’arroganza di Domenico Arcuri, il commissario all’emergenza Covid che le ha sbagliate quasi tutte, tanto era intoccabile. Adesso non più. Almeno si quieterà.

Poi, i ministri. Ma quanto era supponente Alfonso Bonafede, nella sua antipatica pretesa di non dover rispondere mai dei guasti della giustizia? Un guardasigilli che si presenta ad un processo – quello del caso Cucchi – non si era mai visto. Non lo si vedrà più.

E della Lucia Azzolina ne vogliamo parlare? Deve ringraziare il cielo se l’avventura ministeriale all’istruzione è finita, ormai era diventata una caricatura che faceva imbestialire milioni di studenti, le loro famiglie, il personale della scuola. 

Ancora, sparisce dal dibattito sulle discussioni in materia di sport quel vezzoso di Vincenzo Spadafora, che certo difficilmente mancherà a Giovanni Malagò, superbo interprete di una stirpe che resiste a tutti i ministri e a tutti i governi.

Il game over di Conte accompagna all’uscita anche due pezzi grossi del Pd che gli italiani non sopportavano più: la ministra alle infrastrutture Paola De Micheli – indigesta anche ai suoi alleati – e quello agli affari regionali Francesco Boccia, che ogni tanto saltava su a darci lezioni di comportamento. Che ansia...

Godi popolo, nel sapere che dura poco la stagione di Pasquale Tridico all’Inps e quella di Mimmo Parisi all’Anpal: i loro disastri resteranno scolpiti a futura memoria, ma presto saranno messi nelle condizioni di non nuocere più.

Chissà se ci mancherà Walter Ricciardi, terribile consulente del ministro della Salute Roberto Speranza, che magari la smetterà di vaticinare la morte prossima ventura di ciascuno di noi. Lui e tutta la virologia associata che imperversava in televisione. Magari Draghi pretenderà più sobrietà.

Stop alle dirette facebook del premier. Fine delle incursioni al Tg1 – a proposito, come sta il direttore Giuseppe Carboni? – la speranza è tornare ad avere un’informazione più attenta ai cittadini che al Palazzo.

Certo, ci mancheranno le lodi sperticate su chi sta al governo da parte di Marco Travaglio e Andrea Scanzi. Ma non si può avere tutto dalla vita.

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