nodi al pettine
Coronavirus e Recovery plan, i dossier scottanti sul tavolo di Draghi
C’è il Recovery Fund, ma non solo. Perché la pila di dossier su cui servono scelte politiche - come ha rimarcato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sottolineando la necessità urgente di un governo nel pieno delle sue funzioni - è piuttosto alta. «È un momento difficile, il presidente ha ricordato la drammatica crisi sanitaria con i suoi gravi effetti sulla vita delle persone, sull’economia, sulla società - ha detto Mario Draghi accettando con riserva l’incarico di provare a formare il nuovo governo - La consapevolezza dell’emergenza richiede risposte all’altezza della situazione e con questa speranza e con questo impegno che rispondo positivamente all’appello del Presidente della Repubblica».
Da affrontare c’è innanzitutto la lotta alla pandemia e il completamento del piano vaccinale. Draghi li ha messi come primi punti all’ordine del giorno perché, come ha detto Mattarella, «nei prossimi mesi si può sconfiggere il virus o esserne travolti». E poi c’è l’emergenza economica e sociale. Il Parlamento ha approvato lo scorso 20 gennaio la richiesta di scostamento di bilancio da 32 miliardi richiesto dal governo per finanziare il quinto decreto ristori ma il governo Conte ha detto chiaramente, nel varare la proroga dello stop alle cartelle esattoriali fino a fine febbraio, che se ne occuperà il nuovo esecutivo. Bisognerà affrontare il problema della cassa integrazione da prorogare e quello - enorme - del blocco dei licenziamenti che scade a fine marzo. Un punto che, ha evidenziato il Capo dello Stato «richiede molte decisioni difficili da assumere da un governo non nel pieno delle sue funzioni e con la campagna elettorale».
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Versante Recovery fund, ovvero i 209 miliardi che spettano all’Italia per il Pnrr, il piano di ripresa e resilienza al centro dello scontro politico delle ultime settimane. La scadenza per la presentazione a Bruxelles è fine aprile ma i Paesi sono incoraggiati a presentarli anche prima. La Commissione ha poi otto settimane per presentare al Consiglio i piani ricevuti per l’approvazione, e il Consiglio ha a sua volta 4 settimane per l’approvazione con maggioranza qualificata. Solo a quel punto, quindi entro 2-3 mesi dalla presentazione formale del piano nazionale, ci sarà una prima erogazione pari al 10% dell’importo spettante al Paese, mentre le altre avranno cadenza semestrale. Un ritardo, insomma, potrebbe essere fatale. «Prima lo si approva e più tempo c’è per l’interlocuzione con l’Ue», ha sintetizzato Mattarella. «Abbiamo a disposizione le risorse straordinarie dell’Ue, abbiamo l’opportunità di fare molto per il nostro Paese con uno sguardo attento al futuro delle giovani generazioni e al rafforzamento della coesione sociale». Senza dimenticare che resta sul tavolo la questione dell’accesso alla linea di credito per spese sanitarie del Mes, su cui spinge Matteo Renzi.
La crisi rallenta anche la questione Aspi: con una lettera, Cassa Depositi e Prestiti chiede più tempo per formulare una nuova offerta insieme ai fondi in cordata Blackstone e Macquarie per rilevare la maggioranza di Autostrade. L’obiettivo dell’esecutivo gialloverde, formalizzato nel Cdm notturno dello scorso 14 luglio, è sostanzialmente quello di "nazionalizzare" la rete autostradale con la cordata guidata da Cdp ed estromettendo i Benetton dopo le tensioni legate al crollo del ponte Morandi e ai successivi cascami giudiziari.
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Tra i dossier scottanti c’è anche quello sulla cosiddetta rete unica. Lo scorso dicembre Enel ha avviato il processo di vendita di una quota tra il 40% e il 50% di Open Fiber al fondo australiano Macquarie. Un percorso che dovrebbe portare alla nascita di AccessCo, la società unica in cui dovrebbero essere integrate FiberCop e la stessa Open Fober. FiberCop - di cui TIM deterrà il 58%, KKR Infrastructure il 37,5% e Fastweb il 4,5% - offrirà servizi d’accesso passivi della rete secondaria in rame e fibra a tutti gli operatori del mercato.
Delicata la questione Alitalia: le commissioni parlamentari competenti devono esprimere un parere sul piano industriale di Ita, la nuova società, che non è vincolante mentre lo è quello della commissione europea. I sindacati, intanto, lanciano l’allarme per i lavoratori di Alitalia in amministrazione straordinaria che rischiano di non vedersi pagati gli stipendi se non arriverà la tranche di 73milioni prevista dal Decreto Rilancio.
Il 2021 potrebbe essere anche l’anno per chiudere la vicenda ex Ilva: la Commissione europea ha dato il via libera al controllo congiunto di AM InvestCo Italia da parte di Invitalia. L’accordo siglato lo scorso dicembre comporta un deciso investimento pubblico, che avverrà in due tempi. Il primo passaggio prevede un aumento di capitale di AmInvest Co. Italy Spa per 400 milioni di euro, che darà alla partecipata del Mef il 50% dei diritti di voto della società. Il secondo investimento, fino a 680 milioni, sarà dovuto al closing dell’acquisto soggetto al soddisfacimento di varie condizioni sospensive, entro maggio 2022. A quel punto, la partecipazione di Invitalia in AM InvestCo raggiungerà il 60%.
Lontano dall’approdo invece il dossier Fincantieri: l’accordo di acquisto di azioni su Chantiers de l’Atlantique, firmato dallo Stato francese, da Fincantieri e Naval Group il 2 febbraio 2018, si concluderà il 31 gennaio 2021, dopo 5 proroghe.Italia e Francia si erano accordate dal 2017 per lasciare che il gruppo italiano Fincantieri prendesse il controllo dei Chantiers de l’Atlantique di Saint-Nazaire, ceduti dal gruppo coreano in bancarotta Stx. Il progetto è congelato da gennaio 2019.
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