Il capolavoro di Renzi. Le suona a Zingaretti e Conte torna a casa
Lezione di politica. Chapeau Matteo Renzi, che ha osato, rischiato l’osso del collo e ha invece schiantato chi lo dava per morto. Altro che due per cento...
Se stamane Mario Draghi riceverà l’incarico e lo accetterà, probabilmente una telefonata a Renzi qualcuno gliela suggerirà. Perché alla fine il leader di Italia Viva è l’unico che ci ha creduto dall’inizio.
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La crisi del Conte 2 – e ancora non sembra vero che sia finita – l’ha cercata tenacemente Renzi. Anche se sin dall’inizio ha tentato di sgombrare il campo dai problemi di carattere personale, questi c’erano. Tra lui e Conte. Il premier giocava una partita propria, e contro di lui.
Dal 9 dicembre al Senato, l’apertura delle ostilità. Poi, circa un mese dopo, le dimissioni delle ministre Bellanova e Bonetti e del sottosegretario Scalfarotto. Quante gliene hanno dette per quella decisione. Ma ha resistito e non era certo facile. Nella partita era solo contro tutti. Il tentativo – naufragato – di sottrargli senatori per distruggerlo.
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Alla fine Conte è caduto e Renzi è rimasto in piedi. Le ultime ore sono quelle che in cui l’affondo è finalmente riuscito.
L’altra scommessa era il governo affidato a Mario Draghi. Ha vinto pure quella e da oggi non è affatto detto che dalle parti del Pd non comincino a dubitare anche di Mattarella. Che da Renzi fu scelto per la partita del Quirinale.
E proprio dal Colle, con il discorso pronunciato ieri sera dal Presidente, ancora oggi il leader di Italia Viva potrà dire a ciascuno dei suoi senatori e deputati che non li ha portati al massacro. Se riesce a non andare al voto dopo le parole di Mattarella, è stato un capolavoro di abilità politica.
Di più: ad uscire con le ossa rotte è il Pd di Nicola Zingaretti. Che per la seconda volta (anzi la terza) si è fatto fregare da Renzi. La prima, dopo la caduta del Conte 1 quando il Pd voleva le elezioni e Renzi manovrò con successo per evitarle. La seconda volta ora.
Ma ce n’è stata anche una terza, quando Matteo incassò le nomine di governo e un minuto dopo gli scisse il partito sotto il naso.
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Si scateneranno i radical chic, come ora Zingaretti definisce gli uomini di cultura che prima la sinistra idolatrava e ora combatte. Sembra di essere tornati al tempo in cui Nanni Moretti, da piazza Navona, strillava che «con questa sinistra non vinceremo mai». Da ieri se lo ripetono anche al Nazareno. E se la prenderanno anche con Goffredo Bettini. Troppe interviste.
Altro obiettivo raggiunto dal capo di Italia Viva. Se Conte sparisce di scena, termina anche la paura di una concorrenza al centro. Senza i riflettori di Palazzo Chigi, l’avvocato del popolo torna in pretura.
Chiosa finale sulle poltrone che sarebbero state, secondo i suoi alleati-avversari – sconfitti - l’oggetto della sua partita. «Renzi voleva solo poltrone», strillano grillini e i loro compari di quella maggioranza che fu.
Ora, a parte il fatto che la polemica con cui Renzi ha chiuso coraggiosamente la partita ha riguardato contenuti di non poco spessore, una domanda andrebbe fatta agli scandalizzati. Le avete scoperte solo ora le poltrone? Chiamate così solo quelle altrui e non le vostre? Come volevate fare il governo?
Troppa ipocrisia.
Certo, poi a Renzi nessuno vuole fare un monumento (anche perché non lo hanno ammazzato). Anche lui ha problemi di linearità nella costruzione del suo soggetto politico, ma non è l’argomento di adesso. Ora c’è da capire che cosa succederà. Le scommesse che ha messo in fila e che ha vinto probabilmente gli consentiranno di tornare protagonista. Ma a sinistra non ha più spazio politico. E su questo avrà anche lui da sviluppare la sua riflessione.
Quando Italia Viva è nata, Renzi annunciò di voler seguire l’esempio di Macron in Francia, con la riduzione della sinistra ai minimi termini. Chissà se ci riuscirà.