alle strette
A Fico restano due giorni per il Conte-ter. La carta di Mattarella se fa flop
Tutti (o quasi) al lavoro per un Conte-ter ma il nome che incombe sulle consultazioni di Roberto Fico è sempre lo stesso: Mario Draghi. O il presidente della Camera riesce a ricucire una maggioranza per il terzo governo dell'attuale inquilino di Palazzo Chigi o prende sempre più piede un esecutivo del presidente guidato dall'ex capo della Bce, magari con una maggioranza Ursula. Ipotesi tutt'altro che esclusa mentre la fronda grillina anti-Renzi capeggiata da Alessandro Di Battista si conta. Ma c'è chi giura che il nome di Marta Cartabia, tirato in ballo a più riprese, possa essere quello su cui il capo dello Stato ripone più fiducia.
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Dopo i big, i gruppi minori -dal Maie al Centro democratico, passando per Leu e Psi- sfilano alla Camera per il secondo giorno di consultazioni. Al presidente incaricato Roberto Fico ripetono come un mantra: ok al governo politico, ma a patto che a guidarlo sia Giuseppe Conte. Un solo nome per tutti, fatta eccezione per Iv che non ha fatto nomi né tantomeno ha posto veti.
Fico cerca di ricucire la sbrindellata maggioranza tornando sui temi e sul programma: domani, alle 9.30, riunirà un tavolo di lavoro comune, obiettivo arrivare a un patto di legislatura per sminare la strada del Conte ter. Che in vista della deadline di martedì - quando il presidente della Camera dovrà tornare al Colle per consegnare la propria sintesi- appare ancora irta di ostacoli. E con diverse incognite, compreso il nome di Conte, per quanto la maggioranza faccia quadrato attorno al premier dimissionario.
I rumors su Mario Draghi crescono a tal punto da costringere il Quirinale a una precisazione: «È destituita di ogni fondamento la notizia, apparsa oggi su alcuni giornali, che il presidente Mattarella abbia contattato, da quando si è aperta la crisi di governo, il presidente Mario Draghi». Un concetto che il primo dei responsabili, Bruno Tabacci, ripete subito dopo aver visto Fico, spiegando ai detrattori di Conte che se il tentativo del governo politico dovesse fallire la via maestra resta quella di un esecutivo del Presidente, che porti dritti al voto.
Sul fondo Salva Stati «la trattativa non ci sarà, per il M5S la discussione su questo è chiusa: per noi attivarlo è impossibile perché non terremmo, il gruppo esploderebbe», spiega una fonte di primo piano all’Adnkronos, assicurando che, su questo punto, «anche Crimi è stato molto chiaro: non c’è negoziato». Cedere sul Mes sarebbe il bacio della morte di Renzi, in un momento in cui il M5S sembra vertere in uno stato comatoso. Intanto la fronda degli anti-renziani -una ventina tra deputati e senatori- ha rinunciato alla riunione di oggi, complice la fuga di notizie sull’incontro.
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«Crimi, Di Maio e gli altri li aspettiamo al varco -dice un senatore di peso, tra gli anti-renziani- stanno facendo i conti senza l’oste, sono così sicuri che il M5S potrà garantire gli stessi numeri del Conte II? Se pensano di procedere come nulla fosse sono completamente folli». Chi mette in dubbio il proprio voto di fiducia a un governo remake del precedente è il senatore Matteo Mantero: «vedremo come evolve la situazione», dice all’Adnkronos bollando il ritorno all’esecutivo con Renzi come «un clamoroso errore». Errore o no che sia, è quasi escluso che su questo potrà pronunciarsi la base M5S, bocciando o dando via libera a un Conte ter, come chiesto dalla senatrice ’ribelle' Barbara Lezzi: «È il capo politico a decidere quando e se indire votazioni su Rousseau e i quesiti da porre», puntualizzano dalla Casaleggio associati all’Adnkronos.