Speranza con i pm cinque ore. Indagine anche a Roma
E adesso, per favore, sbrigatevi. I magistrati di Bergamo sono venuti a Roma e ora devono decidere. Rapidamente, anche perché il procuratore Ielo è pronto nella Capitale. Hanno interrogato tutti quelli che avevano qualcosa da dire, compreso il ministro della Salute, Roberto Speranza…
Sulla pandemia ormai si sa che c’è stata un’omissione enorme, la mancata attuazione di un piano che c’era dal 2006. Che prevedeva misure che nessuno ha pensato di attuare nel momento in cui, a gennaio 2020, lo esigeva l’organizzazione mondiale della sanità.
Gli interrogatori di ieri non hanno fatto altro che confermarlo. Le voci che abbiamo raccolto affermano che entro fine mese – quindi due, tre giorni, al massimo entro la prossima settimana – dalla Procura di Bergamo si prenderanno le decisioni del caso. Alcune delle quali saranno delegate a quella di Roma, a seconda delle posizioni emerse nell’inchiesta. Se ci si sbrigherà.
Piano pandemico, Speranza interrogato dai pm di Bergamo
E sapremo quali pezzi grossi hanno mentito ai magistrati e al popolo italiano. Oltre a Speranza, ieri sono stati ascoltati dalla pm Maria Cristina Rota e dai suoi uomini personalità note del mondo scientifico che ci hanno accompagnato nelle trasmissioni tv: il coordinatore del Cts Agostino Miozzo, Silvio Brusaferro dell’Istituto superiore di Sanità, Giovanni Rezza, del ministero della salute, Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani. E il direttore ministeriale Donato Greco a cui fu affidato con successo il piano pandemico del 2006, dopo l’influenza aviaria.
Incrociando le dichiarazioni con quelle raccolte in precedenza, a partire dall’alto dirigente dell’Oms Ranieri Guerra – che convisse al ministero prima con Beatrice Lorenzin e poi con Giulia Grillo – del suo successore Claudio D’Amario e dell’attuale numero uno della struttura, Giuseppe Ruocco, ci sono elementi per appurare chi ha sbagliato e gravemente.
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Chi è rimasto inerte dopo l’allarme Oms (5 gennaio 2020). Dopo essere stato interrogato per cinque ore, Speranza non ha pronunciato una parola pubblicamente. Neanche per dire che lui non c’era e se c’era dormiva. E sarebbe gravissimo se parlasse solo con media di fiducia.
Ormai è accertato anche che mancavano i dispositivi di protezione individuale – che proprio il piano del 2006 imponeva - che le scorte antivirali erano in stato di abbandono, e che all’inizio della pandemia si è fatta una confusione enorme sui tamponi.
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Non può finire certamente tutto a tarallucci e vino di fronte a reati gravissimi per i quali si sta procedendo: epidemia colposa e omissione di atti d’ufficio. Chi doveva impartire le direttive, il ministro o i suoi dirigenti?
E qui bisogna andare con ordine, proprio a partire dalla scala gerarchica. A quanto è trapelato, Speranza non ha potuto fare altro che ammettere che sapeva dell’esistenza del piano pandemico su cui nessuno rimise le mani dopo il 2006. Ma quello era.
Il piano non scattò e non era stato aggiornato. Se fosse scattato nei primi giorni di gennaio avremmo avuto mascherine, respiratori, sorveglianza attivata e pre-triage ospedalieri. Nulla di nulla. Anzi, donavamo ai cinesi i dispositivi nostri.
E se l’interrogatorio del ministro è stato “sereno” è accaduto solo per buona educazione. Ma c’è da scommettere che il clima si surriscalderà di qui a qualche giorno. Se è vero che Ranieri Guerra è nel mirino della Procura di Bergamo – ma nessuno ne ha ancora certezza – è altamente probabile che il giorno in cui l’ex direttore si dovesse sentire scaricato non se ne starebbe zitto a beccarsi le accuse.
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E tornerà la domanda. Chi decide quando l’Oms afferma che gli Stati devono attuare i piani pandemici nazionali? Il ministro o i dirigenti? Perché a Ranieri Guerra si potrà anche rimproverare il mancato aggiornamento del piano vigente quando spettava a lui, ma lui al ministero non c’era più quando è arrivata la pandemia. E qualcuno avrebbe dovuto impartire le istruzioni del caso. I verbali della task force – svelati da Report su RaiTre - sottolineano la superficialità con cui si affrontarono quelle drammatiche circostanze.
Anche i magistrati ormai se ne sono capacitati. Adesso attendiamo giustizia e la devono fare proprio loro. Basta con le esitazioni. Non si tuteli nessuno.