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Conte al bivio dimissioni. I numeri non ci sono

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Settimana cruciale per il governo Conte, che si trova a un bivio: tentare il tutto per tutto nell’ostica aula del Senato o gestire la crisi. Pd e M5s sono in pressing per una soluzione pilotata delle fibrillazioni di maggioranza e mettono in guardia: o si governa il Paese o si va al voto. Mercoledì è previsto il voto di Camera e Senato sulla relazione del ministro Alfonso Bonafede sull’amministrazione della giustizia e a palazzo Madama. Il tentativo di convincere la conferenza dei capigruppo convocata per domani a far slittare di un giorno il passaggio del Guardasigilli in aula è considerata assai difficile. E i numeri sono ancora insufficienti per l’esecutivo.

«Abbiamo 48 ore. O c’è una maggioranza o si va al voto» ha scandito ieri Luigi Di Maio, il cui staff oggi sottolinea che c’è un pieno sostegno a Conte. Il Pd «si sta adoperando per garantire sulla base di un programma di legislatura un governo autorevole con una base parlamentare ampia e stabile» fanno sapere dal Nazareno. E l’ipotesi di un "patto tra gentiluomini" che garantisca al premier di rientrare a palazzo Chigi dopo essersi dimesso ed essere passato attraverso l’apertura formale della crisi, sembra ormai l’orizzonte su cui si starebbero assestando le forze di maggioranza, anche se Leu avanza con Loredana De Petris i suoi «dubbi» su questa soluzione. Una road map che viene invece suggerita anche da Iv, che con Ivan Scalfarotto assicura: «nessun veto su Conte, non si mettano veti su di noi». Si sta quindi lavorando a una cesura con le ultime settimane; le dimissioni di Conte servirebbero a rimettere intorno a un tavolo le forze di maggioranza, comprendendo anche Italia Viva che era uscita sbattendo la porta e una neonata forza di centro, a rimettere mano alla squadra di governo e a stilare un programma di legislatura.

Il premier, dopo aver valutato a lungo i pro e i contro, è ormai prossimo a una decisione. E sa che se cadesse in aula la sua permanenza a palazzo Chigi non avrebbe alcun futuro, se si dimettesse dovrebbe attendere le consultazioni (che sono pur sempre un’incognita) ma potrebbe sperare in un reincarico. Le telefonate si infittiscono in queste ore, e non è escluso nemmeno un vertice dei leader con il premier, tutti guardano con sospetto il vicino di maggioranza, ma il tempo sta per scadere ed entro mercoledì la situazione dovrebbe giungere a un chiarimento. Il tempo del resto è ormai poco, come ricorda anche il presidente del Parlamento europeo David Sassoli: "Il Recovery fund non aspetta: o parte o non parte".

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