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Arcuri ci ha preso in giro anche sui centri per i vaccini

Dario Martini
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Le «primule» di Domenico Arcuri, ovvero i centri per le vaccinazioni promessi dal commissario all’emergenza Covid, rischiano di diventare come i banchi a rotelle nelle scuole: avranno costi enormi, potranno essere progettate solo da poche aziende ammesse a partecipare al bando e, soprattutto, arriveranno con gran ritardo.
Leggendo la gara aperta tre giorni fa, il 21 gennaio, scopriamo che dei 1.500 padiglioni temporanei promessi il 13 dicembre scorso da Arcuri, al momento ne verranno costruiti solo 21. Proprio così, non è un errore. Saranno solo ventuno. Qualcuno si chiederà: gli altri 1.479 che fine hanno fatto? Il bando recita testuale: saranno «eretti successivamente». Pretendere una data precisa è chiedere troppo. Le delusioni non finiscono qui. Il loro numero, infatti, «non sarà superiore a 1.200».
Fa un certo effetto rileggere oggi le parole pronunciate da Arcuri in conferenza stampa 42 giorni fa. Al suo fianco sedeva l’archistar Stefano Boeri, che per dare un tocco di classe all’intera operazione, ha pensato di disegnare una grande primula su ognuna di queste strutture. «Un fiore non basta a convincere gli italiani a vaccinarsi, ma aiuterà molto», aveva detto entusiasta Arcuri. E Boeri aveva rilanciato: «La sfida è far sì che questi padiglioni, che in qualche modo sbocceranno e cresceranno nelle piazze italiane, diventino un simbolo per il Paese, il primo a essere colpito dalla pandemia. La primula è segno di serenità, rigenerazione e rinascita». Se rinascita davvero sarà, il bando di mercoledì scorso non induce all’ottimismo.
Partiamo dai costi. Il commissario all’emergenza al momento ha stanziato 8 milioni e 599.500 euro. Ognuno dei 21 padiglioni dovrà avere la stessa dimensione: 315 metri quadrati. Il costo al metro quadro non dovrà superare i 1.300 euro. Calcolatrice alla mano, quindi, ciascuna di queste strutture verrà a costare 409.500 euro. A rendere tutto ancora più complicato sono gli altri paletti inseriti nel bando. I padiglioni temporanei dovranno essere rigorosamente a «pianta circolare, con 20 metri di diametro». Con «un’altezza massima sotto-trave pari a circa 2,85 metri nel punto più alto (lungo il perimetro esterno) e circa 2,70 metri nel punto più basso in corrispondenza del nucleo centrale». Per la connessione internet dovranno essere previste delle «torrette attrezzate a pavimento». E ancora, «sonde igrometriche nei diversi ambienti» e «impianti elettrici con terminali a led». Poi, oltre alla primula, il progettista-costruttore che vincerà il bando dovrà impegnarsi a rendere omaggio alla struttura commissariale, realizzando «apposite targhe da posizionare permanentemente in luogo visibile all’interno e all’esterno dei padiglioni temporanei, nelle quali sarà riportata una menzione speciale per l’impegno decisivo e lo sforzo profuso dai soggetti finanziatori con indicazione del relativo marchio o brand». Il bando, di fatto, non è aperto a tutti. Per partecipare alla gara, infatti, si richiede di aver eseguito «forniture analoghe» nel triennio 2017-2019 del valore di almeno 154 milioni e 791mila euro. È evidente che, così, la platea dei candidati si assottiglierà notevolmente. Anche perché chi vuole presentare un’offerta ha poco tempo a disposizione. Il progetto per costruire tutti i 21 padiglioni, uno in ogni capoluogo di regione, dovrà essere inviato alla struttura commissariale entro mercoledì 27 gennaio. Con l’impegno di «realizzarli tutti entro 30 giorni dall’avvio dell’esecuzione del contratto».
Una volta scaduto il termine di presentazione delle offerte, verrà nominata una commissione giudicatrice che sceglierà il progetto vincitore. Quindi, a meno che non si verifichino altri ritardi, i soli 21 padiglioni attualmente previsti dovrebbero vedere la luce a marzo.
Ad andare su tutte le furie sono gli imprenditori che lavorano nel settore degli eventi. Si sentono inspiegabilmente ed arbitrariamente esclusi da Arcuri. Fanno parte di un settore pesantemente colpito dalle restrizioni del governo, «totalmente fermo da marzo 2020 e senza ristori», denunciano. Adesso scoprono che non possono nemmeno dare una mano nella lotta al Covid. L’associazione che li riunisce, la Filiera eventi unita (Feu), parla di «un bando accessibile a pochi, dai criteri inarrivabili e dai costi esorbitanti per la realizzazione ex novo di strutture che poi finiranno chissà dove». Invece, queste aziende ricordano che hanno le strutture necessarie «già pronte e ferme nei magazzini a cifre assolutamente convenienti e adeguate a consentire la vaccinazione di massa». Il presidente Adriano Ceccotti non comprende, ad esempio, per quale motivo sia stato inserito il criterio della pianta circolare: «Le installazioni commerciali rettangolari e quadrate non andavano bene? Non c’è bisogno di tensostrutture fighette, non serve una primula, ma solo un luogo adeguato dove vaccinarsi».


 

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