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Serve un nuovo governo. Cosa chiede Tabacci a Di Maio

Rafforzare la maggioranza è ancora possibile, «i numeri ci sono...», ma per farlo serve «un governo nuovo». Parole di Bruno Tabacci, il capo del Centro democratico che è stato a Palazzo Chigi per incontrare Luigi Di Maio. Sul tavolo la tenuta del governo e la conclusione della crisi. Il tempo a disposizione è poco, lo sguardo è già a mercoledì prossimo quando il guardasigilli Alfonso Bonafede presenterà in Senato la relazione sulla giustizia.

«È una prova di fuoco e si vedrà quali sono le reali intenzioni», afferma Tabacci dopo il colloquio con il ministro degli Esteri. Allargare il perimetro della maggioranza è possibile ma serve un nuovo esecutivo, dice ai cronisti prima di sgomberare il campo da qualsiasi possibile equivoco: «Ritengo che il presidente Conte sia l’unico punto di equilibrio di questa coalizione».

  

Una possibilità per uscire dall’impasse la offre Italia viva, che la crisi ha aperto ritirando due ministre e un sottosegretario lamentando l’immobilismo dell’esecutivo. Serve «una soluzione politica che abbia il respiro della legislatura e offra una visione dell’Italia per i prossimi anni», affermano i deputati e i senatori di Matteo Renzi, che in una nota confermano la loro compattezza, «osservano con preoccupazione lo stallo istituzionale di questi giorni, la difficile situazione sanitaria, i drammatici dati economici del Paese» e si dicono disposti a «un confronto privo di pregiudizi». Anche sul nome di Giuseppe Conte, precisa una delle firmatarie del documento, la senatrice Gelsomina Vono che ribadisce: «Non è una questione di persone ma di contenuti». Parole che Alessandro Di Battista chiede di cestinare. L’esponente del Movimento 5 stelle cita il giovane Celso ("Non v’è nessun obbligo nei confronti delle cose impossibili") per bloccare gli ex alleati. «Oggi che allontanare definitivamente il renzismo dalla scena politica italiana non è affatto impossibile, credo sia un dovere morale andare fino in fondo». La disponibilità espressa da Iv per Graziano Delrio non si deve invece respingere. «Non metto mai veti - spiega il capogruppo Dem alla Camera al Foglio - Certo, c’è una ferita aperta che sta sanguinando. Le ferite si rimarginano col tempo. Per questo Conte si è rivolto ai singoli parlamentari. Anche perché il dialogo lo hanno chiuso loro aprendo la crisi in questa maniera».

Dal Partito democratico aumenta intanto il pressing per una rapida soluzione della crisi e per evitare una fine prematura della legislatura. Andrea Martella, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ritiene che l’opzione del voto possa essere una delle evoluzioni di questa situazione«. Anche per Andrea Marcucci, presidente dei senatori del Pd, un ritorno alle urne oggi "è un rischio che non si può escludere", anche se si dice certo "che tutto il gruppo dirigente del Pd sia consapevole che il ricorso alle elezioni anticipate non sia in alcun modo opportuno". Delrio non evoca il voto ma spera che in tempi rapidi si arrivi a una conclusione: "Serve un progetto strutturato. Le forze europeiste, liberali, popolari, alle quali si è rivolto Conte devono organizzarsi in un gruppo parlamentare. Altrimenti - avverte - non riusciremo a fare un patto di legislatura che abbia obiettivi precisi". Mercoledì a Palazzo Madama si assisterà a "una prova del fuoco", prevede dunque Tabacci.