Mastella contro Calenda, botte da orbi su Rai3
Il tessitore politico di Ceppaloni, Clemente Mastella, ospite di Lucia Annunziata a "Mezz'ora in più" su Rai3, ha confermato l'azione di puntello al governo Conte II con parole inequivocabili: «Io non getto la spugna. Io continuo». Il sindaco di Benevento ha respinto la versione raccontata via social da Carlo Calenda di aver tentato di blandirlo, prospettandogli il sostegno del Pd per la candidatura a sindaco di Roma in cambio del supporto al governo giallorosso.
Così Mastella:«Non ho detto a Calenda nella mia telefonata di votare Conte, gli ho chiesto cosa faceva e lui mi ha detto sono contro il Pd e contro Renzi. Non abbiamo parlato della poltrona di sindaco di Roma. Lui ha reso nota la telefonata in maniera spudorata, è un po' burinotto, figlio di papà, pariolino». Epiteti pesanti che hanno provocato la reazione del leader di Azione, Carlo Calenda, che ha alzato il telefono, digitato il numero del centralino di Saxa Rubra per intervenire in diretta. Il sindaco di Benevento ha evitato il confronto, congedandosi dalla trasmissione appena avuto il sentore dell'irruzione di colui che aveva appena apostrofato come burinotto.
"Ho solo chiesto a Calenda se avrebbe votato per Renzi e lui mi ha detto che è contro Renzi e contro il PD. Su sindaco di Roma gli ho chiesto solo se si sarebbe candidato" #Mastella #mezzorainpiu @RaiTre pic.twitter.com/RX1IebGEr3
— Mezz'ora in Più (@Mezzorainpiu) January 17, 2021
La replica di Calenda, avendo un ego straripante e ipersensibile, è stata piccata: «Io Mastella non lo conoscevo, ho riportato il fatto che mi ha chiamato per dire che se avessi fatto votare la fiducia a Conte il Pd mi avrebbe appoggiato come sindaco di Roma. Si tratta di un sensale, cercava voti a nome di altri, una pratica indegna. Ha fatto una telefonata da venditori da elenco telefonico». Il confronto mediatico fra i due politici, che ruotano nell'orbita del centrosinistra, non rappresenta un quadro edificante soprattutto nella contingenza attuale con i grandi sacrifici a cui si stanno sottoponendo i cittadini italiani. Uno spettacolo indegno è quello di vedere la vita di un esecutivo fallimentare appesa sul filo di una linea telefonica che gestisce il mercimonio degli incarichi. Per rispetto nei confronti della collettività occorrerebbe calare il sipario sulla crisi politica in atto per rigenerare con il voto democratico una proposta progettuale all'altezza delle sfide impegnative che ci attendono. Da un anno proteggiamo il nostro apparato respiratorio indossando dispositivi di protezione individuali e distanziandoci per ostacolare l'accesso del virus nel nostro corpo. Non permettiamo che ci sottraggano il respiro democratico, sigillando le urne con l'alibi della prudenza dettata dalla pandemia. Se iniziamo ad accettare passivamente una democrazia in quarantena, rinunciando alla pienezza della cittadinanza, il rischio è di scivolare su un crinale pericoloso di assuefazione alle alchimie di palazzo. La democrazia va respirata senza temere una sorta di allergia inalatoria perché nell'esercizio democratico delle consultazioni popolari gli anticorpi liberali si rinnovano e si consolidano. Gli italiani hanno confermato con il voto referendario la riduzione dei parlamentari che il Parlamento ha recepito, ridisegnando i collegi elettorali e rendendo operativa la legge elettorale vigente (il Rosatellum). Dunque, non ci sono ostacoli tecnici alle elezioni. Si rinnovi la rappresentanza parlamentare per renderla, oltretutto, in linea con la Costituzione, soprattutto in previsione dell'elezione del successore di Sergio Mattarella. Il voto è la dose essenziale per somministrare il vaccino democratico ad una comunità stanca dei dilettanti rissosi al governo del Paese che diffondono il virus dell'instabilità.