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Coronavirus, il piano pandemico finisce sotto inchiesta

Francesco Storace
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Cinque firme di altrettanti magistrati di Bergamo. Uomini in divisa della Guardia di Finanza negli uffici del ministro Speranza, tra Eur e Trastevere. Caccia grossa alla pandemia - che arriva fino all'inchiesta bergamasca sull'ospedale di Alzano - perché finalmente si è capito che lo Stato non c'è stato... Da ieri potrebbe esserci una svolta che spiega che il vuoto di potere con la lotta al Covid non c'entra nulla. Il governo c'era, ma dormiva. E adesso è anche Speranza a non poter fare più finta di nulla. Deve spiegare, prima o poi, che cosa è accaduto per davvero. Solo così si spiega la mobilitazione ordinata dalla procura bergamasca. Che non si è limitata a iscrivere nel registro indagati cinque dirigenti sanitari lombardi per quel che riguarda Alzano, ma ha messo nel mirino proprio il ministero della Salute.

L'ordine impartito alla Gdf nei confronti di alcuni dirigenti romani del dicastero è stato quello di fare chiarezza sul piano antipandemia. Perché ad oggi, di accertato c'è solo l'esistenza di quello del 2006. Cercate - hanno disposto i magistrati - «appunti, ogni tipo di documento, anche non protocollato e file relativi al piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale dal 2006 in poi». Idem per il periodo febbraio/ marzo 2020. Tutto questo per capire se ci si è limitati - come appare - esclusivamente ad un copia e incolla proprio di quello di quindici anni orsono (governo Berlusconi).

A questo punto dell'inchiesta si arriva anche grazie alla lettura di molti atti. Ad esempio ha suscitato la curiosità della procura di Bergamo una frase del professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spal lanzani di Roma, che in una riunione del 29 gennaio 2020 al Ministero della Salute - due giorni prima della proclamazione dello stato di emergenza - segnalava l'opportunità di «riferirsi alle metodologie del Piano pandemico di cui dotata l'Italia e di adeguarle alle linee guida appena rese pubbliche dall'Oms». Dunque, quello nuovo ancora non c'era.

La magistratura indaga anche sul «piano segreto», quello illustrato dal dottor Stefano Merler al Cts del 12 febbraio dello scorso anno e inopinatamente tenuto occultato persino ai parlamentari. E siccome la reticenza pare di casa al ministero, è stata disposta la consegna dei cellulari e dei dispositivi informatici di quattro alti dirigenti ministeriali: Giuseppe Ruocco, direttore generale; Francesco Ma raglino, prevenzione sanitaria, Anna Caraglia, affari gene rali, e Filomena Pistacchio, dell'ufficio di gabinetto di Speranza.

Per i dirigenti ministeriali sono state disposte anche le perquisizioni delle loro abitazioni e dei loro autoveicoli. Il provvedimento di perquisizione riguarda anche un ex dirigente del ministero, Claudio D'Amario, ora impegnato nella sanità abruzzese. Con le acquisizioni e i sequestri, soprattutto di materiale informatico, al Ministero della Salute, Superiore della Sanità, in Regione Lombardia e nelle Ats di Milano e Bergamo, la Procura vuole ricostruire se ci siano state lacune tali da configurare anche l'ipotesi di omissione in atti d'ufficio in relazione al piano pandemico e alla sua successiva «applicazione» in ambito territoriale.

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