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Crisi di governo, è già partito il totopremier

Pietro De Leo
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Uno strappo a tre quarti. È così che si riassume la giornata di ieri quando la conferenza stampa di Renzi, affiancato dai due ministri Bellanova e Bonetti, segna un punto di discontinuità con il governo Conte 2, ma non di rottura. E le sfumature semantiche, in questa fase, sono fondamentali.

I segnali della trattativa si percepivano già dalla mattinata. Mentre martedì le agenzie di stampa erano il terreno di battaglia tra due trincee della maggioranza (Italia Viva da un lato e Palazzo Chigi-M5S dall’altra) che si tiravano colpi di fucile con il Pd in mezzo, ieri era calma piatta. Più segno della mediazione in corso tra parti che preludio di una tempesta. Lavorìo che aveva toccato la cuspide nel pomeriggio, quando l’epifania mediatica di Conte (con contestuale assembramento di giornalisti) dopo la salita al Colle aveva segnato un’apertura ad una «maggioranza forte» e dunque un riconoscimento del ruolo di Renzi. Il leader di Italia Viva, però, questi giorni si era spinto veramente in là e dunque non avrebbe potuto tenere una linea che potesse sembrare un passo del gambero. Risultato: annuncio delle dimissioni di Bellanova e Bonetti, garanzia di voto in Parlamento sui provvedimenti fondamentali e «apertura a tutte le ipotesi» di governo. Tranne una, quella di fare la stampella, con i suoi deputati e senatori, ad un esecutivo di centrodestra.

Dunque, sul tavolo rimangono tre scenari più forti, che ovviamente vedono come presupposti il passaggio quirinalizio e verifica parlamentare. Il primo è quella di un Conte ter, riproponendo la stessa maggioranza, con un’altra squadra di governo e un nuovo patto programmatico per arrivare a fine legislatura (dove al centro del tavolo, come ha ripetuto ieri Renzi, ci sarà il Mes). E soprattutto un «premier diverso», ossia un Conte con uno sgonfiamento di quell’allure pseudo monarchico che ha avuto fino ad oggi. D’altronde, il leader di Italia Viva è stato chiaro: non ha demolito la persona-Conte, ma la prassi politica di Conte in questi mesi sì, punto per punto.

Il secondo scenario è quello dell’attuale maggioranza di centrosinistra con un altro Presidente del Consiglio, ma pare difficile considerando che il Movimento 5 Stelle si è arroccato su Conte (a meno che il nome provenga proprio dalle linee dei pentastellati). Rimane teoricamente sempre in piedi poi l’ipotesi dei responsabili, per quanto sia ardua. I Senatori di Italia Viva al Senato sono 18, eventualmente sottratti quelli ne servirebbero minimo 14 per tornare alla maggioranza di 161. Qualcuno potrebbe arrivare da renziani delusi con il loro leader, qualcun altro invece dagli ex grillini del gruppo misto non organici a questa maggioranza, qualcun altro ancora (ma le indicazioni dei partiti sono di opposto avviso) dal blocco moderato. Comunque l’operazione non è facilissima e a quanto pare sarebbe mal gradita dal Presidente Sergio Mattarella.

Resterebbe, in ultima analisi, la carta del governo istituzionale, visto che Renzi non ha escluso neanche quella. Ma, tenuto conto che si sta ancora sulle montagne russe, la sopravvivenza di questa maggioranza pare al momento l’ipotesi più probabile.

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